Al centro della visita di Volodymyr Zelensky a Parigi, ieri, ci sono state le cosiddette «garanzie di sicurezza» per l’Ucraina. Con ciò s’intende un contingente militare europeo dispiegato per impedire una nuova marcia della Russia verso Occidente: in concreto, per difendere la frontiera tra Ucraina e Russia.
Questa formulazione lascia inespresso un punto: la frontiera russo-ucraina non è un confine qualunque. Divide due visioni del mondo, quanto quella che divise l’Europa e le due Germanie fino al 1989. Separa il modello sociale europeo da una metà di mondo fondata su basi diverse: di qua della frontiera vigono le libertà individuali nate dall’eredità della Rivoluzione francese e dalla Dichiarazione dei diritti dell’Uomo e del cittadino (1789); un modello di società aperta per il quale l’Europa ha lottato secoli, definito da Karl Popper ne La società aperta e i suoi nemici (1945), ma anche da Hannah Arendt nei suoi studi sul totalitarismo, dopo due guerre mondiali e dinanzi alle condotte dei regimi nazista, fascista e comunista.
Di là della frontiera ucraina regnano gli autocrati che nei giorni scorsi hanno festeggiato a Pechino la loro alleanza e concentrano tutte le loro energie per la distruzione del modello sociale occidentale. Per questi motivi, la frontiera russo-ucraina è una frontiera europea e acquista oggi lo stesso significato della divisione tra le due Europe durante la Guerra fredda.
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Tornano allora in mente le celebri parole di Ernst Reuter, sindaco di Berlino nei giorni del 1948 in cui i sovietici bloccarono le vie di accesso alla città: «Voi, popoli del mondo, guardate a questa città. Riconoscete che non potete abbandonare questa città e questo popolo!» Oggi, questo appello non riguarda una città e Berlino, ma un intero Paese, l’Ucraina. Come allora, sono in gioco valori fondamentali, che lo riconosciamo o no, dietro la cortina fumogena della propaganda filorussa. Su questa base, le garanzie di sicurezza per l’Ucraina andrebbero concepite come germe di una difesa comune europea, e come tali definite nel dibattito pubblico.
Se Putin «accetterà» o no un dispositivo militare europeo in Ucraina è questione priva di senso. Per Putin, l’Ucraina è ancora parte della Russia, pertanto il presidente russo si ritiene in diritto di prescrivere ciò che sia o meno accettabile per Mosca. In realtà, la Russia, in Ucraina come nel resto d’Europa, non ha alcuna voce in capitolo.
Le truppe occidentali saranno dispiegate in Ucraina solo dopo il cessate il fuoco. Gli scomposti tentativi di negoziato voluti dagli Stati uniti hanno confermato ciò che si sapeva da tempo: Putin non ha alcuna intenzione di rinunciare all’Ucraina. Mosca continuerà la guerra. La questione più urgente, perciò, non è dispiegare truppe a protezione di una frontiera intorno alla quale si sta ancora combattendo.
Ci si dovrebbe chiedere, piuttosto e con urgenza, cosa fare qui e ora per vincere la guerra. Anche su questo punto, media e politica dovrebbero parlare alle opinioni pubbliche senza ipocrisie.
