Nei giorni scorsi un’ennesima emissione televisiva ha offerto un’immagine avvilente dei media italiani, ospitando un docente statunitense impegnato a propagare tesi filorusse. Lo scontro con un noto politico italiano, che, caso più unico che raro, ha saputo contrastare le sue affermazioni con decisione e proprietà, è stato rilanciato in Internet con un commento e una traduzione in inglese. Fuori dall’Italia, l’accaduto ha suscitato stupore e indignazione presso lettori anche molto qualificati.
I sostenitori di tesi filorusse, sui media, hanno un tratto comune: sono quasi tutti emeriti sconosciuti, nel campo della ricerca sull’Europa orientale. Alcuni, per parlare in TV, esigono onorari a cinque zeri. Eppure, sono solo l’ultima propaggine, la base della piramide della disinformazione.
Sopra di loro agiscono coloro che autorizzano gli interventi dei propagandisti. Quando sono in gioco cachet rilevanti, non si può parlare di sviste in buona fede: qualcuno, in qualche ufficio, approva i pagamenti e sa chi ne beneficia, la pratica passa sotto gli occhi di più persone. Tali ospitate dovrebbero fermarsi almeno tra le mani di chi firma l’assegno, ma non si fermano.
Al vertice della piramide vi sono coloro che tessono i legami con i decisori politici. Se paragoniamo le gerarchie della propaganda a quelle del crimine organizzato, vi troviamo al livello più basso i galoppini, al livello intermedio i capi, al vertice i capi dei capi. Quando i magistrati italiani Giovanni Falcone e Paolo Borsellino capirono questi intrecci e furono vicini a svelarli, vennero uccisi.
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Per sgominare i livelli superiori della propaganda sui media servono gli strumenti tecnici e giuridici dello Stato e bisogna essere pronti a giocare pesante. La disinformazione è pilotata da governi che manipolano l’opinione pubblica di altri Stati allo scopo di sottometterli con mezzi diversi da quelli militari, ma con lo stesso intento. Servirebbe, altresì, un quadro legale adeguato, tuttora carente.
I documenti pubblicati in Romania dopo l’annullamento delle elezioni presidenziali del 2024 rivelano meccanismi impressionanti, sfruttati dalle reti di propaganda per aggirare i controlli tecnici e legali. Prima delle elezioni in Moldova, le autorità hanno arrestato interi gruppi di «turisti» provenienti dalla Russia che portavano con sé somme astronomiche di contante, per manipolare le elezioni. Sono stati scoperti flussi di denaro da banche russe verso cittadini della Gagauzia, una regione moldava esposta alle influenze da Mosca. In Germania, l’anno scorso, è emerso un contratto di «sponsorizzazione» per 600’000 euro a favore di un giornalista attivo per una TV pubblica, finanziato da una società cipriota legata al Cremlino.
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La propaganda è un sistema integrato a più livelli e non riguarda solo la Russia. Mentre nell’Est Europa autorità e società civile sembrano aver inquadrato la dimensione del problema, a Ovest ne siamo ben lontani.
E’ un bene che vi sia chi si impegna per mettere alla berlina singoli propagandisti, ma, sinché gli Stati non entreranno in gioco con il loro peso, la battaglia resterà impari.
