Guerra in Ucraina: chi vince, la propaganda?

Guerra in Ucraina, vince la propaganda?
Propaganda e guerra: Chi vince quando? | Orologio pubblico, Kyiv, Ucraina | © Marjan Blan

La propaganda vince la guerra in Ucraina? A un anno dalla ripresa dei combattimenti, l’opinione pubblica ha una visione parziale e confusa dei fatti. Analogie tra Italia e Germania. Il ruolo degli intellettuali e altre categorie, le radici del loro atteggiamento filorusso. Gli equilibri di potere in Europa si spostano verso est. I discorsi di Putin e Biden il 21. febbraio, data-chiave degli eventi.


[Dieser Beitrag in >deutscher Sprache] – Se si cerca una citazione capace di rappresentare il mondo in poche parole, al primo anniversario della ripresa della guerra in Ucraina, la si trova nel discorso di Joe Biden sullo stato dell’Unione, tenuto l’otto febbraio:

«[Viviamo] in un tempo che solo poche generazioni hanno potuto vivere. Un tempo nel quale le decisioni che prendiamo adesso determineranno il futuro della nostra nazione e del mondo per i prossimi decenni. Noi non siamo spettatori della Storia. Non siamo impotenti, di fronte alle forze che agiscono contro di noi» (>fonte).

Ai politici europei non è data la stessa lungimiranza: solo pochi parlano così chiaro sulla guerra. Per quanto riguarda le opinioni pubbliche, un anno dopo la sua ripresa, la visione del conflitto si limita a pochi concetti confusi.

Per la maggioranza dell’opinione pubblica la guerra resta una battaglia regionale, nella quale i contendenti litigano per il Donbas, strappandosi a vicenda, un giorno sì e l’altro no, un villaggio o una cittadina. Se l’Ucraina cedesse volontariamente questi territori alla Russia, la guerra finirebbe subito: perché il presidente Zelensky insiste su queste insignificanti strisce di terra? Questa è solo una delle opinioni più correnti sull’andamento della guerra in Ucraina: la propaganda ha già deciso chi vince.

La Russia indispensabile per l’Europa? Propaganda e guerra in Ucraina

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Un altro argomento ricorrente è questo: senza la Russia, la sicurezza in Europa non è pensabile. Per questo motivo è necessario negoziare una pace con Mosca, a qualunque condizione, prima o poi ci si arriverà comunque. Questa affermazione è del tutto astratta; viene usata spesso come cadenza finale per chiudere i dibattiti con una battuta a effetto e suscitare l’applauso fragoroso degli ascoltatori. Nessuno, tra coloro che fanno sfoggio di questa convinzione, sembra però capace di elaborare una motivazione che la sostenga e di dire quali sarebbero le conseguenze concrete che ne deriverebbero.

C’è ancora una tesi che merita la citazione, quando si tratta di Russia e guerra in Ucraina. Riguarda la relazione tra la guerra e Vladimir Putin. In ampie cerchie dell’opinione pubblica, presso i media e molti politici, sembra prevalere la convinzione che la follia bellica della Russia sia un’idea di Putin.

Aspettiamo che Putin abdichi per ragioni di età, poi parleremo con la società civile russa e costruiremo in felice accordo un grande prato fiorito da Lisbona a Vladivostok. Agli occhi di tutti coloro che conoscono la Russia reale, il solo appello alla «società civile russa» rivela la sconcertante inconsapevolezza dei fantasisti che propongono questa prospettiva.

Europa e guerra in Ucraina: la propaganda sposta gli equilibri

Le tre tesi che ho riportato qui sopra sono alla base di tutti i dibattiti sulla guerra. Al primo anniversario della ripresa dei combattimenti in Ucraina, nessun altro tema del dibattito pubblico è così impregnato di faciloneria, nel nostro continente, e in particolare nell’Europa occidentale.

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Questo stato di fatto sta cambiando i rapporti di forza europei. Politici che in precedenza venivano criticati per la loro brevità di vedute, sulla guerra d’Ucraina mostrano una concretezza che vince sulla propaganda. In un’intervista per la rete televisiva francese France24 (>qui), il capo del governo polacco, Mateusz Morawiecki, ha mostrato rara chiarezza di visione, affermando: «Se non ci fossero gli Stati uniti, l’Ucraina libera oggi non esisterebbe già più

PROPAGANDA E GUERRA D’UCRAINA: ITALIA E GERMANIA, CHI VINCE?

Il cuneo che ha fatto deragliare il dibattito sulla guerra è la propaganda filorussa. La disinformazione russa gocciola dai media nella società e deforma l’opinione pubblica con affermazioni senza senso. Una serie di argomentazioni avverse alla realtà, che confondono volutamente i contorni del dibattito e calpestano ogni competenza scientifica.

In due maggiori Paesi d’Europa, Italia e Germania, si è creata una situazione simile che merita di essere analizzata in parallelo. Le professioni dalle quali la Russia sceglie i suoi sostenitori sono le stesse: oltre ai politici filorussi, affiancati da una lista di giornalisti compiacenti cresciuta ormai all’infinito, si trovano docenti, attivisti, filosofi, generali in pensione, uomini di Chiesa.

In entrambi i Paesi, i propagandisti si contraddistinguono per il fatto di essere degli sconosciuti, nel campo degli studi sull’Europa dell’Est, o ignoti del tutto. Buona parte di essi non parla russo e mostra visibili lacune nella conoscenza della storia e della geografia dell’Europa orientale. Alcuni si sono messi in evidenza per aver commesso plagi o per altri scivoloni del loro percorso biografico. Tra le loro fila emergono anche persone ormai anziane, avviate da tempo sul viale del tramonto. Sulla guerra in Ucraina si sono aggregate alla propaganda filorussa, che vince il passare del tempo e le salva dal dimenticatoio. Con i loro vecchi slogan sono tornate a splendere di nuova luce.

Metamorfosi e ascesa dei propagandisti

Trasformati in qualche modo in esperti di Russia, i messaggeri della propaganda sono stati proiettati dai piani bassi ai vertici della notorietà mediatica. Hanno scalato così in fretta le classifiche delle comparsate sui media e nei talk-show – pochi giorni, a volte poche ore dopo la ripresa del conflitto – che la loro entrata nel dibattito pubblico come annunciatori della disinformazione russa è sembrata essere preparata da molto tempo.

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Gli argomenti dei propagandisti tedeschi e di quelli italiani sono manifestamente identici fra loro: ciò fa pensare che si abbeverino a una fonte comune. Chi sperava che un urlo di indignazione pubblica, di fronte agli orrori di una guerra, avrebbe messo a tacere i propagandisti filorussi, si sbagliava. In questo anno di conflitto, le teorie complottiste, l’inversione vittima-carnefice e molte bizzarre rappresentazioni dei fatti sul campo di battaglia hanno trovato sempre maggiore diffusione. La propaganda filorussa sulla guerra d’Ucraina vince anche sul buonsenso.

Gli intellettuali: sulla guerra d’Ucraina vince la propaganda

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La scena intellettuale europea fornisce alla propaganda filorussa voci celebri e rabbiose. Questa constatazione suscita seri dubbi sulla natura profonda di molti intellettuali occidentali. Non bisogna generalizzare queste considerazioni, ma non si può non osservare che gli intellettuali diventati voci dominanti, nel dibattito pubblico sulla guerra, brillano per cinismo e grossolani errori di valutazione.

Un esempio di prim’ordine è dato da uno dei più celebri filosofi tedeschi del 20. secolo, che si è sentito in dovere di diffondere sui giornali due saggi sulla guerra. Il più recente di questi scritti, assai lontani dalla realtà, si evidenzia per una considerazione, tra molte altre: in Europa, secondo l’autore, ci sarebbe «un acuto bisogno di riordinamento, in tutta la regione dell’Europa centro-orientale. Un bisogno che va molto oltre l’oggetto del contendere fra le parti in guerra

Dietro la formulazione un po’ arzigogolata, questa affermazione corrisponde all’argomento con il quale Vladimir Putin stesso giustifica la guerra. In altre parole: la guerra sarebbe motivata dal fatto che gli Stati uniti non hanno accettato di accordarsi con la Russia sulla divisione delle loro zone d’influenza sull’Europa orientale. Uno dei temi preferiti dalla propaganda sulla guerra in Ucraina, in cui vince l’inversione delle parti.

E’ un modo di pensare coloniale, mascherato da falso realismo, con il chiaro intento di capovolgere i ruoli della vittima e del carnefice. Questa tesi è particolarmente amata nei circoli intellettuali, sia in Italia sia in Germania. Deriva dalla convinzione che la Russia corrisponda all’Unione sovietica. In questa visione, gli ucraini sono dei ribelli che si oppongono alle pretese legittime del regime di Mosca.

Russia e popoli non russi: falsa rappresentazione della storia

Questa falsa rappresentazione della storia dell’Europa orientale umilia tutti i popoli non russi dell’ex Unione sovietica. Per estensione, è applicabile anche alla Finlandia e a parti della Polonia, che fecero parte dell’Impero russo fino al 1918. Nei fatti, la Russia ha represso per secoli persone, lingue e culture di questi popoli. Gli zar e poi Stalin hanno trasferito a forza in quelle terre gruppi di popolazione etnicamente russa, molte volte deportando o sterminando le popolazioni indigene, affinché la Russia potesse presentare quei territori come suoi.

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La storiografia russa presenta questo passato coloniale come un successo della civilizzazione russa, come se i popoli dell’Europa orientale, del Caucaso e dell’Asia centrale non aspettassero altro che essere «civilizzati» dalla Russia. Vladimir Putin tenta oggi di vendere lo stesso atteggiamento coloniale sotto l’etichetta del Russkij mir.

Miti che resistono: radici della propaganda nella guerra in Ucraina

La guerra della propaganda: Ucraina e passato sovietico, chi vince?
Il marxismo-leninismo come radice della propaganda nella guerra d’Ucraina | Busto di Lenin | © Lian Begett

Questa visione capovolta della storia russa è servita come telaio per costruire la dottrina marxista-leninista, nella quale il popolo sovietico unitario agisce come punta avanzata della lotta per la realizzazione del comunismo. In questa prospettiva, le diversità etniche mettono in pericolo la vittoria contro il capitalismo, perché frammentano l’unità del popolo.

Gli intellettuali che hanno assunto la guida della scena culturale dell’Europa occidentale, dagli anni Settanta in poi, provenivano in prevalenza da circoli ideologici che si sottomettevano di buon grado alla visione sovietica del mondo. La conseguenza è che storici, scrittori e filosofi che a buona ragione si levavano contro il colonialismo in Africa, non hanno mai voluto riconoscere la natura coloniale dell’Impero russo e della successiva Unione sovietica. Tutt’oggi non accettano che i popoli non russi dell’ex Unione sovietica abbiano diritto alla loro esistenza, come i tedeschi, gli svizzeri, i francesi.

Due generazioni di intellettuali europei occidentali guardano all’Europa orientale come a una massa confusa, un pastone di lingue incomprensibili, matriosche e automobili arrugginite, sotto il mantello russo che tutto ricopre.

Peccato, che gli abitanti dell’Europa dell’Est non siano disponibili a «farsi neutralizzare,» per trasformarsi in compiacenti popoli-cuscinetto tra est e ovest. Se accettassero di rinunciare a insignificanti differenze di puntiglio in fatto di lingua, cultura, storia… finalmente avremmo la pace. Se invece abbiamo la guerra, è colpa loro: sono loro che hanno voluto farsi sfruttare come avamposti della guerra dell’Occidente, che vuole distruggere la Russia. La Russia fa bene, a difendersi dall’America.

Una chiave della propaganda sulla guerra: pace come idealismo

La fine dell'Unione sovietica
Il racconto in video della fine dell’URSS – di Luca Lovisolo

Questa logica contorta e insieme denigrante della dignità dei popoli non russi, che odora fortemente di lotta di classe contro il capitalismo, è il denominatore comune di tutti gli interventi degli intellettuali che vogliono far finire la guerra facendo cessare le forniture di armi all’esercito ucraino. Non riconoscono che la propaganda non porta la pace, nella guerra in Ucraina: a queste condizioni, vince disastrosamente un aggressore.

Con poche eccezioni, gli intellettuali filorussi appartengono a correnti di pensiero che si pronunciano a favore dell’equità sociale, dei pari diritti per donne e omosessuali, dell’ecologia e dell’accoglienza per i migranti. Merita ricordare che questi propositi non possono neppure essere presi in considerazione, se uno Stato vicino, nella sua mania di grandezza, minaccia la sicurezza e il diritto di autodeterminazione del nostro continente.

Proporre la pace come obiettivo meramente idealistico non è segno di intelligenza superiore o di maggior rispetto per la vita. Significa, piuttosto, sedersi a fianco di chi la guerra l’ha iniziata, che lo si riconosca o no. Con la propaganda in Ucraina si perde, non si vince.

Un anno di conflitto ha mostrato quanto il pensiero occidentale si sia impantanato nelle astrazioni. La scena intellettuale europea, messa alla prova del fuoco per la prima volta nel nostro tempo, è diventata un teatrino di vanità per teste rabbiose, incapaci di conciliarsi con se stesse. Un triste destino, per l’intellighenzia che siede ai comandi della macchina culturale europea.

L’alleanza degli estremi: la propaganda esce dai circoli intellettuali

La propaganda filorussa raggiunge anche parti della società che si trovano in campi opposti. Imprenditori che temono per i loro affari con la Russia a causa delle sanzioni. Nazionalisti e antieuropei che si sentono attratti dalla Russia, perché vedono in Putin il difensore di un ordine sociale consolidato; perché esaltano in lui l’eroe della resistenza contro il multiculturalismo. Cristiani di varie confessioni, che con una parte hanno in comune una concezione pericolosamente idealistica della pace, con l’altra condividono un’attrazione per un ordine sociale tradizionale e per un certo grado di autoritarismo, sotto il sacro mantello delle citazioni evangeliche sulla riconciliazione.

Con le espressioni comuni della politica, questo scenario si può classificare così. La propaganda russa nasce nei circuiti intellettuali della sinistra e raggiunge le destre, anche quelle estreme. Con una manovra a tenaglia, si estende dalle estremità verso il centro dello spettro politico. I partiti del centro non sono sempre in grado di contrastare gli appelli populistici alla pace degli estremisti, in parte perché meno abili nella dialettica, in parte perché essi stessi sono divisi al loro interno, sulla questione ucraina.

I maggiori partiti popolari, così, appaiono irrilevanti, anche se rappresentano la maggioranza degli elettori. I due estremi opposti sono minoranza, eppure si impossessano gradualmente del dibattito pubblico.

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Ucraina ed Europa: quando la propaganda vince e la guerra comincia

Questo processo non è nuovo. In uno studio illuminante, il sociologo Sergej Kudelja ha descritto i processi politici con i quali le forze fedeli a Mosca hanno preso il potere nel Donbas, nel 2014 (Сергей Куделя, Внутренние источники вооруженного конфликта на Донбассе – ПОНАРС Евразия, Аналитическая записка № 351, Сентябрь 2014). Con la propaganda e l’intrigo, la Russia ha sostenuto gli esponenti dell’estremismo di destra e sinistra; i rappresentanti dei partiti regionali di centro, in parte anch’essi amichevoli verso la Russia ma non interessati a un’annessione a Mosca, sono stati messi fuori gioco. La maggioranza di centro è precipitata nel silenzio. Le minoranze della destra e sinistra estreme hanno così potuto consegnare il Donbas alla tutela della Russia, senza significative resistenze.

In un altro contesto, ma con la stessa logica di fondo, nel giugno 2022 i partiti filorussi italiani hanno fatto cadere il governo filoeuropeo di Mario Draghi. In Germania, i parlamentari di estrema destra ed estrema sinistra si esprimono usando le stesse parole, sulla guerra. Alcuni giorni fa, durante una dimostrazione a Berlino, dimostranti di estrema destra e sinistra urlavano gli stessi slogan. Entrambi i campi si posizionavano di fatto a favore della vittoria della Russia. Non è che l’inizio.

In almeno un Paese europeo, la propaganda filorussa frena un importante processo di politica estera. Durante la Conferenza internazionale di Monaco sulla sicurezza, a febbraio, la signora Maia Sandu, presidente della Moldova, ha risposto a una domanda sulla volontà di adesione alla NATO del suo Paese. La risposta è stata che la propaganda russa, che in Moldova è più attiva che in nessun altro luogo, manipola l’opinione pubblica contro l’adesione alla NATO. Diffonde presso la popolazione l’idea che l’attuale status di neutralità del Paese sarebbe una garanzia contro un coinvolgimento nella guerra d’Ucraina. L’argomentazione è falsa, eppure prende piede e frena importanti decisioni politiche.

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Propaganda di pace e fantasmi del passato

La propaganda per la pace favorisce la guerra, nel contesto attuale. Che ciò piaccia o no ai suoi sostenitori: vista la situazione politica interna della Russia e considerato l’andamento delle operazioni sul teatro di guerra, l’argomento secondo cui i propagandisti sono a favore della pace non regge.

Il passato sovietico, la propaganda e la guerra in Ucraina, chi vince?
Edificio fatiscente di architettura sovietica, con stemmi di partito. Penza, Russia | © Pavel Neznanov

Rispetto alla Germania, la situazione in Italia suscita ancor maggiori preoccupazioni. Il motivo è la politicizzazione capillare dei media e, con poche eccezioni, la qualità generalmente bassa del giornalismo. A costituire i presupposti ideali per manipolare l’opinione pubblica sono un diffuso nepotismo nell’industria dell’informazione e l’uso dei media come strumenti di formazione di una coscienza ideologica, e solo in secondo piano come mezzi di informazione – una realtà che in Italia è sopravvissuta alla morte delle ideologie.

Guerra in Ucraina: chi vince, tra passato e presente?

La guerra in Ucraina è un giro di boa verso un nuovo ordine mondiale. Nondimeno, obbliga a una nuova lettura della storia recente. Limitiamoci all’Italia e alla Germania, che si presentano in modo diversamente complesso, ma sono simili nei loro tratti fondamentali. La guerra d’Ucraina getta nuova luce sulla Ostpolitik tedesca, da Willy Brand ad Angela Merkel, e sull’elaborazione dell’eredità storica della Germania Est.

Per quanto riguarda l’Italia, la Penisola ha attraversato la seconda metà del ventesimo secolo camminando su una cresta fra la sua appartenenza politica al mondo occidentale e la sua sottomissione intellettuale al modello sovietico. L’eredità intellettuale pro-sovietica si è radicata in particolare nei settori dell’istruzione e dei media: in questi ambiti svolge ancora un ruolo decisivo. Di fronte a grandi sfide internazionali, come la guerra in Ucraina, questo rugginoso contesto diventa un cappio al collo, per il Paese.

Italia e Germania si distinguono in un aspetto essenziale, però. In Germania, i propagandisti filorussi subiscono una forte resistenza da parte di accademici ed esperti, che si lanciano sulla scena pubblica con argomenti scientificamente fondati e contrastano la disinformazione. Ciò non accade in Italia, o quanto meno non in misura significativa. Approfondirò i motivi in un’analisi separata.

IL MONDO CAPOVOLTO DI VLADIMIR PUTIN, JOE BIDEN A VARSAVIA

Di fronte alle camere parlamentari unite, il 21 febbraio Vladimir Putin ha tenuto il discorso sullo stato della Nazione, rinviato dallo scorso anno. Lo stesso giorno, poche ore più tardi, il presidente degli Stati uniti Joe Biden ha parlato a Varsavia. Non ci si poteva immaginare una rappresentazione più netta dei contrasti esistenti tra la Russia e l’Occidente, un anno dopo la ripresa della guerra in Ucraina.

Per quanto riguarda l’intervento di Putin: i due fatti sono molto distanti fra loro, ma ascoltando il suo discorso, durato due ore, era difficile non ritrovare sinistre analogie con l’ultima apparizione di Nicolae Ceaușescu, a Bucarest, il 12 dicembre 1989.

L’intervento di Putin non sarà ricordato come il suo ultimo in assoluto, ma i suoi obiettivi corrispondevano alle intenzioni del capo di Stato e del partito comunista romeno, quando promise aumenti di stipendio per tutti, di fronte a una massa di ascoltatori urlanti, pochi giorni prima della fine ingloriosa del suo regime. Entrambi gli interventi dei due leader, Ceaușescu e Putin, avevano lo scopo di offrire a cittadini sconsolati denaro e vantaggi, per farli restare fedeli al capo.

Non merita quasi la pena, riportare i clamorosi nonsensi, le tortuose falsificazioni della storia, le ardite argomentazioni nelle quali Putin si è dilungato nella prima parte della sua allocuzione. A questo proposito rinvio alla >mia analisi del suo intervento del 27 ottobre dinanzi al Club Valdaj. Gli elementi di fondo sono rimasti invariati.

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Se dal folle intervento del 21 febbraio si vuole estrarre un passaggio che rappresenti al lettore occidentale la posizione di Putin, è questo: in Occidente, secondo il presidente russo, la pedofilia è diventata normalità.

L’idea di Occidente in Russia nella propaganda sulla guerra

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La critica di Putin alla decadenza morale dell’Occidente, dove la parità di diritti per gli omosessuali causerebbe la distruzione della famiglia tradizionale, non è nuova. Sul matrimonio tra persone dello stesso sesso e altri adeguamenti legislativi nel campo dell’orientamento sessuale esiste però, anche in Occidente, un certo spazio per le differenze d’opinione. Per alcuni, Putin, sulla questione omosessuale, potrebbe avere ragione. La pedofilia, invece, è un crimine.

Che un capo di Stato accusi altri Paesi di aver elevato un crimine a norma, è un’affermazione che esce da ogni possibile diversità di vedute, nella concezione dei valori fondamentali. Eppure è così, che la propaganda del Cremlino rappresenta l’Occidente al cittadino medio russo.

L’Occidente vuole dividere, distruggere, smembrare la Russia, perché? Perché gli occidentali invidiano al popolo russo i valori della tradizione e la superiorità morale fondata su tali valori. Di fronte a tutto ciò, la Russia è obbligata a difendersi facendo la guerra. Questo è il livello di straniamento in cui si sviluppa il dibattito pubblico sull’Occidente, in Russia. Le stesse argomentazioni si sentono ogni giorno sui media russi.

Poi è arrivato il momento dei regali: nella seconda parte del discorso, Putin ha promesso armi prodigiose all’esercito, formazione ai soldati, consolazione alle vedove di guerra, esenzioni fiscali agli imprenditori, finanziamenti ai ricercatori, un futuro radioso alla gioventù. Sia reso grazie alle truppe e onore imperituro ai caduti. Il mercato del lavoro fiorisce, l’economia è in rigoglio.

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Chi attendeva una parola sulla situazione dei combattimenti in Ucraina, invece, non l’ha avuta. La mirabile «operazione speciale» in Ucraina causa da mesi centinaia di morti ogni giorno, eppure non sfonda. Non è il caso di parlarne, nel vero senso della parola.

Tragico teatro della propaganda: chi vince la guerra in Ucraina?

Putin parlava su un palco rialzato, lontano, elevato, inavvicinabile. Il suo leggio al centro di una coreografia di bandiere russe e tubi luminosi verticali dalle lunghezze calanti, la canna più alta dell’organo nel tempio dei vertici dello Stato russo.

Giù, in sala, sedevano deputati delle due camere parlamentari. Con loro ministri, funzionari, ufficiali, giovani soldati in uniformi attillate dagli alti colletti, alla moda d’un tempo, come se fossero stati portati lì per l’occasione strappandoli al ballo delle debuttanti. Ovunque sorrisi, applausi, occhi luccicanti, profumo di vittoria. Gli unici volti tirati erano quelli dei funzionari ai quali Putin non può nascondere nulla: il ministro degli esteri Lavrov, la direttrice della Banca centrale Nabiullina, il ministro della difesa Šojgu sedevano poco distanti l’uno dall’altro, impietriti, senza battere ciglio, bianchi come tre cenci.

Ci si aspettava lo scoop, il grande annuncio che esplode in sala come una bomba e porta la svolta verso la vittoria totale della Russia nell’operazione militare speciale. Invece, la montagna partorisce un topolino: la Russia sospende l’applicazione del trattato New-START sulla limitazione delle armi nucleari strategiche. Se gli Stati Uniti riprenderanno i test nucleari, anche la Russia li riprenderà.

Nel contesto attuale, questa decisione non sposta le montagne. Sembra pensata piuttosto per offrire agli ascoltatori una decisione clamorosa del presidente, dopo un discorso di due ore in cui, con la sua pomposa retorica, Putin non è riuscito a estrarre dal cilindro alcunché di tangibile, in fatto di politica estera. Il pubblico saluta l’annuncio della sospensione del trattato nucleare con un’ovazione, alzandosi in piedi: il trucco ha funzionato.

Varsavia: dal mondo capovolto della propaganda alla realtà

Poche ore dopo, a Varsavia, le cose vanno ben diversamente. Niente uniformi da cadetti, niente musi lunghi. Dinanzi a un pubblico festante, sulla Piazza del castello, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden riconferma l’unità dell’Occidente. Il giorno prima Biden aveva visitato la capitale ucraina. Se a Mosca Putin inscenava bugie e complotti, a Varsavia regna la realtà con i piedi per terra.

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Dopo il discorso, Biden incontra i capi di Stato e di governo dei Paesi del fianco est della NATO. Con poche eccezioni, sono gli Stati orientali dell’Unione europea. Parigi e Berlino, nel suo viaggio europeo, il presidente USA le ha sorvolate. La nuova frontiera dell’Occidente si sta disegnando sotto i nostri occhi.

PROSPETTIVA: CHI VINCE LA GUERRA IN UCRAINA, LA PROPAGANDA?

Chi vince nella guerra d'Ucraina, la propaganda filorussa?
Chi vince e quando? | Kyiv, Piazza Indipendenza | © Saša Pleško

Un avanzamento decisivo si farà ancora attendere. Le battaglie per Bakhmut, Vuhledar e altri centri del Donbas hanno valore simbolico e mediatico. Possono portare successi operativi di significato locale. Misurate sull’insieme del teatro di guerra, però, non recano vantaggi di portata strategica.

Dalla prospettiva ucraina, queste battaglie servono a decimare le unità nemiche e a preparare l’utilizzo delle nuove armi occidentali, in vista di una controffensiva attesa da tempo.

Sul lato russo, è difficile capire la relazione tra l’esercito regolare, i mercenari Wagner e i combattenti ceceni. Le ambizioni personali dei leader delle due formazioni paramilitari fanno pensare che le battaglie di queste settimane non abbiano per obiettivo il concreto avanzamento sul terreno di guerra, ma servano piuttosto ai loro destini individuali, per posizionarsi nelle lotte di potere interne alla Russia.

Il generale NATO francese Michel Yakovleff ha illustrato con lodevole chiarezza la situazione delle due parti in guerra, in un’intervista con l’esperto di aviazione Xavier Tytelman (>qui). La vittoria della Russia presupporrebbe l’impiego di competenze che l’esercito di Mosca non ha dimostrato di possedere, in questo anno di combattimenti. E’ difficile che tali capacità possano essere sviluppate a breve termine.

Numericamente, l’esercito russo ha un considerevole potenziale di allargamento. I soldati di nuova mobilitazione e gli armamenti, però, restano di qualità molto inferiore, rispetto all’esercito ucraino. La maggior qualità di uomini e mezzi sul lato ucraino può compensare la superiorità quantitativa sul lato russo. Tutto fa pensare a una vittoria dell’Ucraina, a una condizione: che l’Occidente non rallenti o interrompa la fornitura di armi, afferma l’esperto francese. Purtroppo, non si possono escludere sorprese, ad esempio per quanto riguarda gli attacchi missilistici. Restiamo sul terreno dei fatti, al momento in cui scrivo questa analisi.

Chi vince e cosa succede: fatti, non propaganda

Se l’Ucraina prevale, la sua vittoria sarà l’inizio di un riordinamento delle relazioni internazionali, ben oltre i confini ucraini. Una vittoria della Russia avrebbe conseguenze catastrofiche: il prossimo obiettivo della guerra, già fissato, è la Moldova.

Il fondamento giuridico della rinuncia all’uso della forza, un pilastro della Carta delle Nazioni unite, diventerebbe una vuota dichiarazione di principio, se la Russia riuscisse a prendere il potere in Ucraina e Moldova. Dinanzi a una tale dimostrazione di forza da parte di Mosca, è lecito chiedersi in che modo verrebbe attuato il principio di difesa collettiva della NATO, nel caso pressoché certo di un attacco russo ai Paesi baltici – sempre che la Russia dia il tempo agli occidentali di discuterne. Se si verificasse questo scenario, la Russia avrebbe cancellato di fatto il diritto internazionale codificato dopo la Seconda guerra mondiale. Il mondo sarebbe riconsegnato alla legge del più forte. I decisori occidentali si troverebbero di fronte a un dilemma: accettare una guerra tra NATO e Russia, oppure subire ulteriori avanzamenti di Mosca verso ovest, di fatto inarrestabili.

E’ difficile prevedere come le opinioni pubbliche e la scena politica d’Europa uscirebbero da questa scomoda situazione. Una cosa è certa: in entrambe le eventualità, dopo 78 anni, la pace e la sicurezza sarebbero finite anche nella nostra parte d’Europa. Con la salita al potere di governi filorussi in Europa, sostenuti dalla propaganda attraverso i media, il controllo del Cremlino sul nostro continente si estenderebbe a ogni nuova tornata elettorale.

Questa non è fantapolitica: è la cruda realtà che esce dalla dottrina di politica estera della Russia post-sovietica. Lo sanno bene tutti coloro – purtroppo pochi – che l’hanno studiata sul serio.

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Le forniture di armi all’esercito ucraino sono la chiave del successo dell’Ucraina e dell’Occidente contro la prepotenza della Russia e delle autocrazie orientali. Non è un caso, se i propagandisti filorussi europei chiedono più di ogni altra cosa la fine del supporto militare all’Ucraina. E’ l’unico modo per impedire la prevedibile vittoria ucraina. Chi oggi vuole la cessazione delle forniture di armi, spera in una vittoria della Russia, sull’Ucraina e su di noi.

Le posizioni: politica e opinione pubblica in bilico tra guerra e propaganda

Chi vince nella guerra in Ucraina: propaganda e realtà a Monaco
Il presidente Emmanuel Macron alla Conferenza di Monaco sulla sicurezza 2023 | © MSC Mediathek

Alla Conferenza internazionale di Monaco sulla sicurezza, il presidente francese Macron, il cancelliere tedesco Scholz, il primo ministro inglese Sunak e la vicepresidente USA Kamala Harris hanno parlato con una voce sola: l’Ucraina deve vincere la guerra. Rispetto ai primi mesi del conflitto, le loro dichiarazioni sono state chiare e coerenti.

Ampie parti della società europea, ubriacate dalla sempre più penetrante disinformazione russa, non sembrano invece voler crescere nella consapevolezza delle conseguenze della guerra. A determinare gli esiti del conflitto concorreranno gli effetti della propaganda filorussa, in Europa e nei Paesi dell’ex Unione sovietica.

Il giorno del primo – e speriamo unico – anniversario dalla ripresa dei combattimenti in Ucraina, la domanda più frequente è: quanto durerà ancora la guerra? A questa domanda non è possibile rispondere. Eppure, un dato di fatto c’è: il tempo rimasto per difendere il modello di sviluppo della democrazia occidentale, come storia di successo della ricostruzione dopo la Seconda guerra mondiale, si accorcia ogni giorno che passa.

Per quanto riguarda noi: se avessimo agito in modo coerente contro la Russia nel 2008, all’invasione della Georgia, e poi nel 2014, dopo l’occupazione della Crimea, oggi non avremmo la guerra in Europa. Per due volte abbiamo fatto finta di non vedere. In questo senso, ma solo in questo senso, noi occidentali siamo corresponsabili della guerra. Possa questa avvilente constatazione servirci da monito.

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Luca Lovisolo

Lavoro come ricercatore indipendente in diritto e relazioni internazionali. Il mio corso «Capire l'attualità internazionale» accompagna chi desidera comprendere meglio i fatti del mondo. Con il corso «Il diritto per tradurre» comunico le competenze giuridiche necessarie per tradurre testi legali da o verso la lingua italiana.

Commenti

  1. David De Orsi ha detto:

    Gentile Luca, ho appena letto la sua ultima pubblicazione. A proposito di propaganda, giusto pochi giorni or sono le avevo inviato su Messanger il messaggio che può trovare di seguito. Non so se lo ha ricevuto. Lo ripropongo e spero possa trovarlo interessante. Buona serata.

    «Gentile Luca buongiorno. La seguo ormai da parecchio tempo con interesse. Ho letto uno dei suoi libri e spero presto di leggerne altri. Vorrei segnalarle un breve video di cui conosco il contenuto poiché mi è stato riferito dall’amica ucraina che me lo ha mostrato. Non ho però le competenze per tradurlo con esattezza, perciò lo giro a lei. Credo possa essere utile condividerlo sui social accompagnato da opportuna e precisa traduzione, per mostrare fino a che punto, in nome di interessi propagandistici di parte, si può arrivare a distorcere la realtà, con la consapevolezza di essere creduti da gran parte della gente. Valuti lei se può essere una buona idea. Grazie e buona giornata»

    • Luca Lovisolo ha detto:

      Buongiorno,

      Grazie per il Suo commento. Purtroppo devo rinunciare a leggere i messaggi privati sui miei profili. So che può sembrare scortese, ma il tempo disponibile impone delle scelte e devo contare sulla comprensione dei lettori. Non posso prometterle di guardare e commentare il video che Lei mi suggerisce. Cose, simili, purtroppo, sono piuttosto diffuse. Sinceramente non credo che sia utile diffonderli ulteriormente. anche se commentati. A volte, anziché ottenere un effetto esplicativo, si finisce solo con l’amplificare gli effetti della propaganda. La disinformazione vive di propagazione: non è una regola generale, ma molte volte il modo migliore per combatterla è ignorarla. Grazie comunque per la Sua attenzione e per aver letto il mio libro. Cordiali saluti. LL

  2. Gisueppe Condello ha detto:

    Come al solito un’analisi impeccabile la Sua, e le faccio i complimenti per la precisione delle informazioni, date sia cronologicamente che concettualmente, e le faccio i complimenti anche per la meticolosità elaborativa.

    Per quanto concerne il parallelismo degli apparati culturali, informativi e intellettuali tra Germania e Italia ha colto nel segno la genesi e lo sviluppo storico da cui derivano posizioni filorusse. Ed è un peccato però che sul piano storico non vi sia una ricostruzione di ciò. Anche perché ci renderebbe edotti sia della nostra storia politica, ma pure della ideologizzazione dell’informazione e della cultura, con grave pregiudizio dell’obiettività e imparzialità di analisi e, con ulteriore grave pregiudizio dell’indipendenza formale e sostanziale del pensiero. Appunto prevale non la obiettività argomentativa scientifica, ma la tendenza a incidere con la politicizzazione, il che trasforma persino un servizio pubblico dell’informazione in una cassa di risonanza propagandistica. E fa veramente rabbia da un lato e pena dall’altro, vedere dei giornalisti ed opinionisti che s’atteggiano a liberi pensatori e pensatrici e a obiettivi e indipendenti influencer.

    Altro aspetto che ho apprezzato e l’analisi delle eventuali conseguenze che potrebbero scaturire in Europa e a livello mondiale da una vittoria ucraina o russa. Mi scusi, l’analogia, ma penso che ci sia un parallelo con la situazione degli anni trenta, quando fu proprio ad Est che scoppiò la seconda guerra mondiale, ma si pensò da parte di un certo pacifismo anglo-francese di lasciare via libera a Hitler con la conferenza di Monaco, non comprendendo che il principio pacifista era soltanto miopia vigliacca di fronte a una diversa concezione del mondo e dei rapporti tra nazioni impersonata dal Reich germanico. Infatti nel settembre del 1939 dalla Polonia si passò alla propagazione della guerra tedesca. Oggi assistiamo invece alla concezione dei filorussi che la guerra tra il regime di Putin e l’Ucraina sia solo regionale, e non vogliono vedere, per accecamento ideologico o per malafede vera e propria, che invece v’è una concezione imperialista e valoriale dietro tale guerra, proprio come da Lei ben riassunto.

    Infine due precisazioni: 1) Il ruolo del cattolicesimo in casa nostra e il fatto che si sia dimenticato o si sottovaluti l’odio anticristiano che v’è in alcune parti del mondo, e la concezione imperialista-conservatrice di Putin e dei russi va contro l’idea cattolica della fratellanza pacifica tra esseri umani. Certe posizioni Papa Francesco non mi convincono, perché il popolo russo ha le sue responsabilità; 2) Il ruolo della Cina, sia sul piano politico che su quelli economico-commerciale e militare.

    Ciò che voglio dire è che il problema russo richiama la fragilità delle nostre democrazie europee e l’incertezza sulla futura guida presidenziale degli Americani. La Germania e l’Italia non potranno tirarsi indietro sulle direttrici geopolitiche Est-sud. Il mediterraneo, la civiltà che impersona i valori del mondo classico, del giudaico-cristianesimo, della liberaldemocrazia dovranno essere punti importanti, coordinate indispensabili, non solo in un’ottica difensiva, ma di influenza dei processi in divenire sullo scacchiere internazionale.

    Complimenti ancora!

    • Luca Lovisolo ha detto:

      Buonasera,

      Grazie per l’attenzione e l’articolato commento. Rispondo in forzata sintesi.

      Ricostruire la genesi delle posizioni filorusse in Italia e Germania richiederebbe uno studio ben più ampio. Da questa analisi, già lunga, ho dovuto lasciar fuori molte cose. Spero di poterle trattare in futuro in prossimi articoli, nei limiti di quanto possibile in una sede come questa

      Sono d’accordo con il fatto che la situazione di oggi presenti analogie con quella degli anni Trenta, alla vigilia della Seconda guerra mondiale. Sono poco amico dei paralleli storici, la Storia non si ripete mai davvero uguale, anche se sembra così. Le similitudini che rileva Lei, però, sono evidenti.

      Sul ruolo del cattolicesimo mi sono dilungato un po’ di più in >questo articolo, forse lo avrà già visto. Si riferisce in particolare la posizione della Chiesa cattolica nel suo ramo progressista, se così vogliamo definirlo, quello che fa capo a papa Francesco. Le posizioni dell’ala conservatrice della Chiesa cattolica e delle Chiese protestanti tedesche devono essere analizzate da punti di vista diversi, anche su base nazionale, qui non è possibile dire di più. In ogni caso, chi si aspettava che le Chiese prendessero parte a difesa dell’aggredito, come ci si augurerebbe, ha dovuto prendere atto che le cose stanno andando diversamente.

      Quanto alla Cina, vedo che anche i più esperti di quell’enigmatico Paese barcollano, nel tentativo di spiegarne la posizione sulla guerra. Il tanto atteso piano di pace per l’Ucraina non contiene alcunché di nuovo. Ciò che è chiaro, come osserva anche Lei, che a essere in pericolo non è solo l’integrità territoriale dell’Ucraina. In gioco c’è il modello di sviluppo della società aperta e della democrazia. Le dittature del mondo stanno facendo quadrato, ciascuna a modo proprio, per difendersi dalle spinte verso la società aperta. Grazie e cordiali saluti. LL

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Luca Lovisolo

Lavoro come ricercatore indipendente in diritto e relazioni internazionali. Con le mie analisi e i miei corsi accompagno a comprendere l'attualità globale chi vive e lavora in contesti internazionali.

Tengo corsi di traduzione giuridica rivolti a chi traduce, da o verso la lingua italiana, i testi legali utilizzati nelle relazioni internazionali fra persone, imprese e organi di giustizia.

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