
In una traduzione giuridica non si dovrebbero introdurre termini che non esistono nell’ordinamento del Paese di destinazione. Nella realtà, talvolta è inevitabile riportare fattispecie e istituti sconosciuti. E’ richiesta l’analisi del testo combinata alla sensibilità tipica del traduttore. Alcuni esempi concreti. I fattori di cui tenere conto per non scivolare su fastidiose bucce di banana.
In un precedente articolo (>qui) avevamo analizzato il caso di fattispecie giuridiche simili ma definite con terminologie diverse tra due ordinamenti, oppure iscritte nei codici con titoli che possono trarre in inganno, ma analoghe nella sostanza e presenti in entrambi i Paesi. Che fare, però, se nel testo d’origine troviamo una fattispecie sconosciuta nel Paese in cui si parla la lingua verso la quale stiamo traducendo?
Di principio in una traduzione non si dovrebbero introdurre termini che non esistono nell’ordinamento del Paese di destinazione, perciò non vi corrispondono a una fattispecie o a un istituto giuridico determinati. Lo scopo è mantenere l’univocità giuridica del testo per evitare confusioni. Dobbiamo rispettare la monosemantica di ogni termine: di regola, nel linguaggio giuridico ogni lemma ha un solo significato; le eccezioni esistono, ma sono ben riconoscibili.
Nella realtà, accade di utilizzare termini estranei all’ordinamento a cui è destinata la traduzione. Avviene, ad esempio, quando un certo istituto giuridico esiste nel Paese d’origine ma è sconosciuto in quello di destinazione. In questi casi non vi sono ricette sempre valide, è richiesta l’analisi del testo combinata alla sensibilità tipica del traduttore e alla conoscenza dei due ordinamenti.
Alcuni termini non esistono ufficialmente in un ordinamento, ma i lettori possono comprenderli ugualmente. Per restare all’interno della lingua italiana, un esempio può essere il lemma residente. Nell’ordinamento svizzero questo termine non corrisponde a una specifica fattispecie: lo status del cittadino residente corrisponde più da vicino a quello che nella Svizzera italiana si definisce domiciliato (questo, a sua volta, ha in Italia un significato diverso).
Tuttavia, l’uso del termine residente è assai diffuso nel linguaggio comune, anche in Svizzera, e il suo senso è chiaro: una persona che vive stabilmente in un certo luogo e vi è registrata all’anagrafe (o ufficio controllo abitanti). Poiché, d’altra parte, in Svizzera residente non evoca una fattispecie determinata, non si rischia neppure il fraintendimento con altre situazioni. Se per qualche motivo un termine che non ha una precisa corrispondenza giuridica nel Paese di destinazione non può essere sostituito o spiegato, ma non rischia di dare origine a equivoci, lo si userà, se si ha la ragionevole consapevolezza che il lettore lo comprenderà.
In altri casi un termine estraneo a un certo ordinamento potrebbe essere incomprensibile o addirittura fuorviante. Prendiamo l’esempio dell’inglese Public Company. Si tratta di una particolare società per azioni con un azionariato molto diffuso: un gran numero di azionisti possiede poche azioni e perciò una minima quota di capitale pro capite. Per questo, la società è contraddistinta da alcune particolarità organizzative. Negli ordinamenti giuridici dei nostri Paesi continentali esistono la Società per azioni (S.p.A., in Italia), la Società anonima (SA, in Svizzera), la Aktiengesellschaft (AG, nei Paesi di lingua tedesca), e così via, ma non si pratica una differenziazione tra azionariato più o meno diffuso.
Una traduzione letterale di Public Company con «Società pubblica» (purtroppo non è raro sentirla) non direbbe nulla al lettore del senso originario e potrebbe essere fraintesa come impresa o altro organismo di diritto pubblico, cioè controllato dallo Stato e funzionante secondo la disciplina pubblica. La Public Company, invece, è una società di diritto privato e l’aggettivo public si riferisce alla massificazione degli azionisti, non al diritto che la governa.
In questi casi può essere utile riportare il termine senza tradurlo, se ci si può attendere che i destinatari lo comprendano. Se restiamo in questo esempio, i lettori esperti sanno ormai, anche fuori dallo spazio linguistico inglese, cos’è una Public Company, ma altri forse no. Esiste la traduzione Società ad azionariato diffuso, che non corrisponde a una forma giuridica societaria degli ordinamenti di lingua italiana, ma può essere compresa più largamente ed evita quanto meno la confusione con gli enti di diritto pubblico. In altri casi si può spiegare brevemente il termine in parentesi quadre o in una nota a pie’ di pagina. Il crinale sul quale si cammina è molto stretto: occorre individuare un termine che sia chiaro al lettore, ma non induca in confusione con altri istituti o fattispecie del Paese di destinazione.
Anche in questi frangenti, perciò, la conoscenza dell’ordinamento è l’appiglio che evita di scivolare su fastidiose bucce di banana. E’ di fronte a queste scelte che emerge la capacità del traduttore di garantire in ogni singola situazione la buona comunicazione tra lingue e Paesi diversi.