«Flottiglia:» i fatti e il diritto internazionale

Flottiglia, Gaza, Israele e diritto internazionale
Timone | © Joseph Barrientos

La nota vicenda della «flottiglia» diretta a Gaza con l’intento di portarvi aiuti umanitari suscita interessanti quesiti di diritto internazionale. Si lascia sintetizzare in tre punti, dalla legittimità del blocco navale e del fermo in acque internazionali sino alla questione umanitaria. Le fonti del diritto internazionale, i riferimenti che permettono di chiarire i termini della questione e le posizioni delle parti.


La vicenda delle imbarcazioni private salpate verso Gaza per dichiarati fini umanitari (d’ora in avanti, per brevità: Flottiglia) si può sintetizzare in tre punti: 1) Il blocco navale da parte di Israele nelle acque dinanzi a Gaza è legittimo? 2) Portare aiuti a Gaza autorizza a forzare il blocco? 3) Il fermo della Flottiglia da parte di Israele in acque internazionali è legittimo? Ne ho parlato nelle scorse ore rispondendo a Giancarlo Loquenzi durante l’emissione di RAI Radio 1 «Zapping» (qui la >registrazione del mio intervento), in cui ho trattato anche altri aspetti del conflitto. Riprendo ed estendo qui le considerazioni fatte via etere.

Il blocco navale israeliano dinanzi a Gaza è legittimo?

Il blocco navale dinanzi a Gaza è legittimo. Esso risponde al diritto di autodifesa di Israele rispetto agli attacchi provenienti dai territori arabo-palestinesi, secondo l’articolo 51 della >Carta delle Nazioni unite (1945). Le prove che le acque di Gaza fossero utilizzate per trasportare armi poi impiegate contro Israele sono innumerevoli e riconosciute.

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Nel 2010 una nave civile che tentò di forzare il blocco fu oggetto di un violento scontro con le forze armate israeliane. Lo scontro causò nove vittime (caso «Mavi Marmara»). Le Nazioni unite istituirono una commissione d’inchiesta («Commissione Palmer»): questa rilevò che l’azione di Israele era stata sproporzionata, ma confermò la legittimità del blocco navale. Anche senza tale conferma, tuttavia, se si guarda ai fatti senza le lenti deformanti della politica, non vi può essere dubbio sulla legittimità del blocco.

Portare aiuti umanitari autorizza a forzare il blocco?

L’apporto di aiuti umanitari né autorizza a forzare il blocco né lede la sua legittimità, a patto che vi siano altre vie per fornire aiuti al territorio interessato. Norma di riferimento è l’articolo 102 cpv. (a) e segg. del >Diritto umanitario nei conflitti armati sul mare, detto «Manuale di Sanremo» (1994). Tale articolo vieta il blocco navale se esso ha «il solo obiettivo di affamare […] o impedire l’accesso di beni essenziali» alla popolazione civile.

Questo articolo non è applicabile a Gaza, poiché: a) il blocco navale ha l’obiettivo di impedire il traffico di armi ostile a Israele, non di affamare la popolazione; b) alimenti e beni essenziali possono essere portati a Gaza per numerose vie diverse da quella marittima. Israele stesso, altri Stati ed enti umanitari hanno proposto alla Flottiglia di inoltrare gli aiuti attraverso vie sicure e ufficiali. La Flottiglia ha rifiutato.

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Il fermo della Flottiglia in acque internazionali è legittimo?

L’ispezione e altri atti limitativi della libertà di navigazione in acque internazionali sono più frequenti di quanto si immagini, anche in tempo di pace. Avvengono, ad esempio, nei casi di navi che violano sanzioni internazionali: è accaduto pochi giorni fa da parte della Francia contro una petroliera-ombra russa; oppure con imbarcazioni che compiono attività ostili, ad esempio fungono da basi per il lancio di droni verso Stati costieri, com’è successo nelle settimane scorse su Danimarca, Germania e Norvegia.

Sul punto, la legislazione codificata per il tempo di pace è carente. La >Convenzione ONU sul diritto del mare (UNCLOS, 1994) si limita a disporre, all’articolo 87, che la navigazione in acque internazionali è libera, salvo alcune limitazioni elencate in forma specifica; poi, all’articolo 88, afferma che l’alto mare deve essere riservato a usi pacifici. Esiste però un orientamento generale secondo cui uno Stato può catturare un’imbarcazione in acque internazionali, se questa viola norme internazionali o è causa di pregiudizi o pericolo per lo Stato stesso.

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In tempo di guerra, invece, il diritto di ispezionare e requisire imbarcazioni mercantili in acque internazionali è consolidato sin dal basso Medioevo (Consolat de mar, Barcellona, ca. XIII sec.). Le codifiche successive non precisano meglio questo diritto, ma lo danno per acquisito come diritto consuetudinario sino ai trattati internazionali del nostro tempo, tra questi l’art. 12 della >Convenzione dell’Aja per la salvaguardia dei beni culturali in caso di guerra (1954).

Benché esistano differenze di dettaglio tra i diversi Stati nella sua realizzazione, il diritto di eseguire ispezioni e altri atti di autotutela verso imbarcazioni in alto mare in tempo di guerra è accettato da tutti (cfr. Lowe, Tzanakopoulos: Max Planck Encyclopedias of International Law, 2013). E’ nell’interesse di ogni Stato, infatti, poter accertare che una nave, anche se incrociante in acque internazionali, non stia trasportando merce di contrabbando, tenti di forzare un blocco navale o favorisca il nemico recando cose, persone o informazioni ostili allo Stato belligerante. L’azione dello Stato interessato, in questi casi, deve però limitarsi alle misure necessarie a impedire conseguenze pregiudizievoli per sé.

Vero che la Flottiglia navigava dichiarando intenti umanitari. Tuttavia, un gruppo di imbarcazioni che dirige con decisione verso le acque di un territorio in guerra con l’intento di violare un blocco navale, proclama espliciti slogan ostili a uno Stato belligerante (Israele, in questo caso) e dichiara di portare supporto a un territorio nemico, non si può qualificare come un’innocente navigazione mercantile o da diporto: autorizza le autorità israeliane ad agire nel quadro legale appena descritto. Per giunta, arrivata al porto israeliano, la Flottiglia è risultata senza carico: se non portava aiuti umanitari, qual era il suo scopo?

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La tesi secondo cui Israele non si troverebbe in stato di guerra formale con i territori arabo-palestinesi, perché questi non sono riconosciuti come Stato, è contraddetta dalla realtà dei combattimenti. E’ interessante notare che i componenti della Flottiglia hanno giustificato il loro intento di forzare il blocco navale per consegnare aiuti umanitari citando una recente ordinanza della Corte internazionale di giustizia (>192-20240126-ORD-01-00-EN, cpv. 80) nella quale il tribunale accerta proprio che sul territorio è in corso un conflitto armato, a prescindere dagli elementi formali. E’ la stessa Flottiglia, perciò, che indica la base legale dell’azione di sequestro da parte di Israele, contraddicendosi in termini.

Vi è poi un elemento che sembra essere stato ignorato, in questi giorni: la sicurezza dei componenti della Flottiglia. Se le imbarcazioni avessero forzato il blocco, non si sarebbe potuta escludere la possibilità di incidenti anche fortuiti con l’esercito di Israele o con lo stesso Hamas. Questo avrebbe potuto colpire la Flottiglia sotto mentite spoglie, per suscitare un caso internazionale e attribuirne la responsabilità a Israele.

Chi poteva garantire la sicurezza dei componenti della Flottiglia, poi, se fossero sbarcati a Gaza, nel mezzo di una guerra e in un momento in cui Hamas ha fame di ostaggi occidentali da usare come arma di ricatto nei negoziati? La Flottiglia era composta da civili che si inoltravano in una zona di conflitto armato su imbarcazioni da turismo. I naviganti della Flottiglia non dovrebbero dispiacersi, che la loro avventura sia terminata con un innocuo fermo da parte di uno Stato sicuro e con il rimpatrio ai loro più quieti domicili d’origine.

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Flottiglia: Gaza e diritto internazionale, conclusioni

Israele esercita un blocco navale legittimo nelle acque prospicienti la Striscia di Gaza, realizzando il proprio diritto di autodifesa ai sensi della Carta delle Nazioni unite. L’apporto di aiuti umanitari a Gaza non esonera dal rispetto del blocco e non ne mina le basi legali, poiché i beni vitali possono essere ricondotti a Gaza per altre vie: la Flottiglia ha respinto tale opportunità.

Il diritto di ispezione e sequestro delle imbarcazioni della Flottiglia in alto mare da parte di Israele è radicato in norme consuetudinarie secolari del diritto del mare in tempo di guerra, accettate dalla generalità degli Stati. Lo status di belligeranza fra Israele e i territori arabo-palestinesi è riconosciuto dalle organizzazioni internazionali, a prescindere dagli elementi formali. Non risulta che Israele, in questo contesto, abbia posto in essere azioni di coercizione eccedenti il necessario. L’intervento ha inoltre impedito che i componenti della Flottiglia si esponessero a maggior rischio.

Per questi motivi, i rimproveri mossi allo Stato di Israele per le sue condotte nella vicenda della Flottiglia non trovano fondamento, allo stato attuale delle conoscenze. Chi desidera recare aiuto umanitario alla popolazione di Gaza deve essere incoraggiato a farlo attraverso organizzazioni riconosciute, che offrano le necessarie garanzie di sicurezza e buon esito, senza mettere in pericolo vite umane e senza complicare uno scenario di guerra già difficile.

E’ vero che il diritto internazionale non offre sempre risposte evidenti. Se si leggono le norme senza prevenzioni, però, è possibile trovarvi indicazioni piuttosto chiare. Se, com’è accaduto spesso nei commenti sul caso della Flottiglia, si citano le norme in modo letterale o parziale, se ne ignora la ratio e le si piega a finalità politiche, allora a ogni norma si potrà sempre far dire tutto e il contrario di tutto.

| Ulteriori considerazioni conclusive si trovano >qui.

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Luca Lovisolo

Lavoro come ricercatore indipendente in diritto e relazioni internazionali. Il mio corso «Capire l'attualità internazionale» accompagna chi desidera comprendere meglio i fatti del mondo. Con il corso «Il diritto per tradurre» comunico le competenze giuridiche necessarie per tradurre testi legali da o verso la lingua italiana.

Commenti

  1. Matteo says:

    Grazie. Un’analisi veramente lucida e chiarissima. ho letto cose contrarie a quanto scritto ma, sinceramente, mi fido della sua competenza. Nella mia ignoranza storica e dei fatti, rimane comunque il mio supporto all’operato della flotilla e la critica a quanto sta accadendo a Gaza.

    • Luca Lovisolo says:

      Grazie per la Sua fiducia. Ho letto anch’io analisi irricevibili, da media e firme da cui ci si attenderebbe più accuratezza, nelle quali le norme venivano citate in modo incompleto e astratto, al fine di sostenere tesi politiche. Le regole esistono, rispettarle garantirebbe a tutti più sicurezza e più efficacia, anche nel portare aiuto umanitario. Su Gaza, nonostante il molto rumore, mancano informazioni da fonti terze e verificabili su ciò che sta davvero accadendo. Per questo motivo, non si può andare oltre la partecipazione morale verso chiunque sia vittima di guerra. Cordiali saluti. LL

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Luca Lovisolo

Lavoro come ricercatore indipendente in diritto e relazioni internazionali. Con le mie analisi e i miei corsi accompagno a comprendere l'attualità globale chi vive e lavora in contesti internazionali.

Tengo corsi di traduzione giuridica rivolti a chi traduce, da o verso la lingua italiana, i testi legali utilizzati nelle relazioni internazionali fra persone, imprese e organi di giustizia.

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