I bombardamenti di Israele sulla Siria sono connessi alla questione drusa. I drusi sono un popolo arabo che pratica una religione nata da uno scisma dall’islam sciita. Non vi è unità d’opinioni sul fatto che debbano considerarsi musulmani, ma hanno una storia di persecuzioni da parte di altre confessioni dell’islam.
Circa 150’000 drusi vivono in Israele, sono leali allo Stato e molti combattono nell’esercito. Altri drusi vivono sulle alture del Golan, assegnate alla Siria ma controllate da Israele, altri ancora in Libano.
In queste settimane i drusi di Siria, concentrati nel sud del Paese, hanno subìto gravi violenze da parte di guerriglieri islamisti mossi da odio etnico-religioso e sostenuti dall’esercito siriano. Aggrediti, i drusi hanno chiesto soccorso a Israele. Questo è intervenuto con la forza, onde dissuadere il governo siriano dall’affiancare gli aggressori. Le violenze si stanno calmando.
Si pongono due questioni: la prima è l’indifferenza del mondo verso il destino dei drusi. Proteggendo i drusi, Israele tutela un popolo arabo: ciò contraddice la narrazione che vuole Israele etnicamente ostile agli arabi e pronto al «genocidio» a Gaza. Inoltre, la presenza di drusi in Palestina obbliga a prendere atto che su quel territorio non vivono solo ebrei e arabi musulmani. L’esistenza di un diverso popolo arabo, fedele a Israele e inviso ad altri arabi per la sua specificità etnico-religiosa, indica la scomoda verità che la Palestina non è terra solo arabo-islamica, come pretendono Hamas e i suoi propagandisti in Occidente. Per questi motivi, dai media e dalla politica la vicenda dei drusi viene taciuta o distorta, affogandola in narrazioni di comodo.
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Seconda questione: Israele si pone come «Stato benefattore?» Il termine benefattore ha una connotazione morale e non si applica a uno Stato. Gli Stati perseguono interessi: non vi è dubbio che Israele ha interesse alla quiete in Siria meridionale, per la propria sicurezza, e non gradisce il riaccendersi della questione del Golan.
Come per il nucleare iraniano, l’argomentazione va spinta oltre: poiché i missili di Teheran sono in grado di raggiungere l’Europa, i primi interessati alla cancellazione del programma nucleare iraniano, dopo Israele, siamo noi. Eppure, si è lasciato agire Israele con gli Stati uniti. Parimenti, è nostro interesse primario che la Siria non cada in nuovi conflitti: ogni scossone in Medioriente rilascia flussi migratori ormai ingestibili verso l’Europa. Eppure, a regolare la questione drusa si lascia Israele.
Lo Stato ebraico talvolta esagera, commette errori che dovrebbe evitare, ma agisce. Se ciò non piace, cosa proponiamo noi – anzi, cosa facciamo? Nulla, se non chiacchiere.
Oltre a Israele, a difendere i drusi e prevenire ricadute in Siria non è intervenuto nessuno. Non si tratta di essere amici o nemici degli ebrei o degli arabi, ma di analizzare lo scenario, coglierne gli interessi che vi abbiamo e agire in conseguenza. Invece, si resta inerti e si critica chi agisce.