E’ interessante analizzare il primo turno delle elezioni presidenziali francesi nella sua relazione con la guerra in Ucraina. Prendo spunto da un mio nuovo intervento a «Omnibus» (TV italiana La7). La conduttrice mi ha chiesto se le immagini dei massacri perpetrati in Ucraina muovono l’opinione pubblica russa contro la guerra. Ecco come la risposta suscita considerazioni anche su ciò che accade in Francia e in Europa.
Il consenso dei russi verso la guerra, ho risposto, resta molto alto, pur tenendo conto che la popolazione non è sempre correttamente informata sugli eventi e teme ritorsioni in caso di dissenso (link al video originale >qui). Si può innestare su ciò una considerazione che riguarda la Francia e l’Europa.
I candidati francesi vicini alla Russia occupano un arco compreso dall’estrema destra di Eric Zemmour all’estrema sinistra di Jean-Luc Mélenchon; includono Marine Le Pen, Valérie Pécresse e altri minori. Tutti hanno preso le distanze dal regime di Putin, allo scoppio della guerra; con la Russia hanno però una vicinanza storica, con sfumature diverse, che non si lascia cancellare in poche parole.
I candidati filorussi hanno raccolto, insieme, circa il 60% dei voti. Lo scoppio della guerra non ha mutato le intenzioni degli elettori: durante la campagna elettorale, la loro percentuale complessiva è rimasta invariata nei sondaggi e il risultato definitivo l’ha confermata, anzi rafforzata. Se la destra estrema francese si fosse presentata unita, anziché divisa tra Marine Le Pen ed Eric Zemmour, forse oggi ne registreremmo la vittoria.
In Occidente, l’informazione sulla guerra in Ucraina non è censurata. Eppure, gli elettori francesi non hanno mutato la loro posizione, rispetto ai candidati filorussi. La signora Le Pen, in particolare, ha più volte affermato di distinguersi da Emmanuel Macron non solo per il suo programma politico, ma per una diversa visione della società. Non lascia dubbi, Marine Le Pen, sul fatto che il suo progetto di società sia autoritario e ispirato a modelli tra Viktor Orbán e lo stesso Putin.
E’ vero che Mélenchon e la signora Le Pen hanno tematizzato meglio di altri alcuni problemi sociali esistenti in Francia. Colpisce, però, che il 60% degli elettori di un Paese occidentale abbia confermato il voto a candidati apertamente filorussi, mentre la Russia conduce una guerra d’aggressione che porta nelle case le immagini di morte che vediamo ogni giorno.
Bisogna prendere atto che la guerra e la vicinanza a un regime che la promuove non rappresentano un limite morale invalicabile, per una parte di società. Anche in Ungheria e Serbia si è assistito al successo di partiti e leader filorussi, dopo l’inizio della guerra. Lo stesso in Italia, dove i sondaggi non presentano variazioni di rilievo, per i partiti più vicini a Mosca, dopo l’inizio del conflitto.
Come in Russia, anche in Europa la guerra non sposta i consensi, anzi: sembra rafforzare in Russia il sostegno al presidente, in Europa quello ai partiti notoriamente più vicini al Cremlino.
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