Coronavirus: Cina, grazie per l’aiuto ma anche no

Gli aiuti cinesi all'Italia: non dimentichiamo le responsabilità.
Medici | © Guillaume Piron

L’arrivo di un aereo cinese carico di materiale e di medici specializzati nella cura del Coronavirus ha attratto l’attenzione di media e opinione pubblica. L’aiuto è apprezzabile, ma non deve far dimenticare le responsabilità del contagio. All’origine della diffusione del morbo, come della catastrofe di Černobyl’, non vi è una fatalità. L’atteggiamento dei vicini europei, Schengen e la questione dei risarcimenti.


Ha fatto sensazione l’arrivo in Italia di un aereo cinese recante nove medici specializzati nella cura del Coronavirus e una cospicua quantità di materiale utile allo scopo. La notizia viene generalmente riferita lasciando intendere che tale fornitura sia gratuita. Altre fonti affermano invece che sarebbe stata normalmente fatturata. Qui spiego perché questo dato è irrilevante. La Cina è il luogo di origine del contagio, ormai diffuso in tutto il mondo. I presupposti del contagio sono due, l’uno per la sua origine, l’altro per la sua diffusione.

Il primo presupposto della pandemia

Il morbo si è sviluppato in un Paese i cui abitanti sono esposti a condizioni igieniche diametralmente opposte. Da una parte, gli abitanti delle grandi città, opulente e moderne; dall’altra, gli abitanti delle campagne, che in molti casi tuttora convivono con i loro animali in abituri privi di servizi igienici, di acqua corrente e di condotte fognarie coperte. Il sistema politico ed economico dirigista non è stato in grado in Cina, come non lo fu in Unione sovietica, di sanare l’atavico, abissale divario tra la qualità di vita nelle campagne e quella nelle aree urbane.

Per giunta, al momento di gestire un’emergenza, numerosi abitanti delle zone rurali non possono essere raggiunti con i moderni mezzi di comunicazione. Una parte della popolazione delle campagne, poi, si sposta periodicamente nelle città per frequentare mercati privi di precauzioni igieniche e andare a lavorare in stabilimenti enormi, vivendo in dormitori collettivi e appartamenti sovraffollati. I sempre più stretti rapporti commerciali e turistici con il resto del mondo, spesso stimolati da governanti occidentali incauti, fanno il resto.

Si può sindacare sui processi di mutazione del virus: le valutazioni mediche le fanno i medici e stanno su un altro piano. Nessuno sa ancora con precisione come sia comparso il nuovo Coronavirus, ma un rapporto inadeguato con gli animali e le catastrofiche condizioni igieniche sembrano i due dati sui quali tutti concordano.

La realtà della Cina resta quella di un Paese che si pone come partner dell’Occidente, ma presenta condizioni che dovrebbero indurre a cautele maggiori. Vi sono virus che nascono anche in Paesi occidentali e meglio attrezzati, ma le condizioni sociali, economiche e politiche permettono di controllarli meglio e di evitare le conseguenze peggiori. Non si ricorda, in tempi recenti, un’epidemia di tale gravità originante da un Paese occidentale, mentre quella che stiamo vivendo è già la seconda in pochi anni, dopo la SARS, proveniente dalla Cina.

Il secondo presupposto e un precedente istruttivo

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Il nuovo Coronavirus è stato individuato in Cina sin dal dicembre 2019. Il medico autore della scoperta, notoriamente deceduto poche settimane fa a causa della stessa malattia, quando ha dato l’annuncio è stato zittito e vilipeso dalle autorità. Queste lo hanno accusato di attività antisociali e di voler danneggiare il Partito comunista cinese, che avrebbe dovuto tenere un importante consesso proprio nella città di Wuhan, centro di propagazione del virus. Se il medico avesse goduto di libertà di espressione, non solo forse sarebbe ancora vivo lui, ma la Cina stessa non starebbe contando i morti causati dal virus e con ogni probabilità il contagio non sarebbe neppure uscito dai confini cinesi, o quanto meno non nella misura a cui assistiamo.

Quando, nel 1986, vi fu la catastrofe di Černobyl’, gli Stati del mondo avevano i presupposti per chiedere all’allora Unione sovietica il risarcimento dei danni causati dall’esplosione della centrale nucleare. Non si era trattato, infatti, di una tragedia inevitabile. La catastrofe era stata causata da un dirigente invasato che aveva condotto un esperimento senza rispettare le istruzioni. Il resto era da addebitarsi alle clamorose falle nella progettazione e nei sistemi di sicurezza della centrale, la cui costruzione era stata accelerata dagli ingegneri per ragioni politiche, utilizzando materiali inadeguati. Il mondo rinunciò, poi, alle cause per danni contro Mosca, consapevole che l’Unione sovietica era ormai al fallimento.

All’origine della diffusione del Coronavirus, come della catastrofe di Černobyl’, non vi è una fatalità. L’evento è l’esito di condotte commissive e omissive individuali e consapevoli, unite a carenze strutturali dovute a scelte politiche errate, in altre parole: è stato causato da un regime che ha messo dolosamente a tacere la prima voce che aveva segnalato il contagio e non è stato in grado, in settant’anni ininterrotti di governo, di sanare l’arretratezza di intere regioni, nemmeno sotto il profilo igienico-sanitario.

Dobbiamo ringraziare per gli aiuti?

Se anche il materiale medico inviato dalla Cina per soccorrere le vittime del Coronavirus fosse gratuito, esso non rappresenterebbe che una goccia nel mare dei risarcimenti che non solo l’Italia, ma tutti i Paesi toccati dalla pandemia avrebbero titolo di richiedere a quel Paese. E’ possibile che ragioni politiche suggeriranno di rinunciare anche questa volta a chiamare alla cassa il causatore del danno. L’aiuto prestato è apprezzabile, ma non per questo si deve dimenticare dove si trovano le responsabilità.

E’ molto curioso che chi, in Italia ed Europa, viola la consegna di restare a casa subisca, giustamente, l’addebito delle rispettive fattispecie penali, perché rischia di contribuire alla diffusione del virus, mentre la Cina, che dovrebbe stare sul banco degli imputati per averla originata, viene esaltata come angelo salvifico. Sarebbe tempo, infine, che chi ancora magnifica il regime autoritario cinese per il suo pugno di ferro nell’imporre le restrizioni che hanno fatto esaurire il contagio, spostasse piuttosto la sua attenzione sul fatto che non vi sarebbe stato bisogno di alcun pugno, se Pechino avesse agito a dovere per tempo e se in Cina non perdurasse il sottosviluppo di intere regioni, nascosto dietro la retorica dell’egualitarismo e le insegne luminose delle grandi città.

L’Italia lamenta l’insensibilità dell’Europa: i cinesi possono inviare aiuti perché nel loro Paese l’epidemia è in esaurimento, i vicini europei devono ancora affrontarla e non è incomprensibile che si tengano mascherine e ventilatori. Vi sono stati anche provvedimenti eccessivi, ma sono stati rettificati. Quanto alle chiusure dei confini, il Trattato di Schengen le rende possibili, in casi specifici, perciò Schengen non è morto, come taluni affermano: in un momento in cui gli Stati impongono restrizioni di movimento persino al loro interno, i controlli alle frontiere sono inevitabili e rientrano nelle eccezioni previste dal trattato.

Gli accordi con la Cina in barba all’Europa

E’ opportuno ricordare che un anno fa il governo italiano ha firmato pomposamente con la Cina un accordo di elevato contenuto politico per aderire al progetto della Nuova via della Seta, ponendosi dimostrativamente e altezzosamente contro la posizione europea comune su quel progetto e beffandosi di tutti coloro che consigliavano prudenza (ne parlo >qui). Forse, i fatti che stiamo vivendo potrebbero indurre a più miti consigli per il futuro.

Anche dopo la catastrofe di Černobyl’, lo ricordo distintamente, ci furono pletore di commentatori che glorificarono la presunta trasparenza della nuova gestione Gorbačëv, nella comunicazione sulla catastrofe, e la capacità manageriale del nuovo leader, sebbene trasparenza e organizzazione furono comunque assai parziali.

Quella trasparenza e quella managerialità ci sarebbero volute negli anni e decenni precedenti, per rimuovere gli incompetenti dalle poltrone loro assegnate dal Partito e per formare una classe dirigente capace di confrontarsi con la modernità. Černobyl’, forse, non ci sarebbe stata. Ci risiamo.

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Luca Lovisolo

Lavoro come ricercatore indipendente in diritto e relazioni internazionali. Il mio corso «Capire l'attualità internazionale» accompagna chi desidera comprendere meglio i fatti del mondo. Con il corso «Il diritto per tradurre» comunico le competenze giuridiche necessarie per tradurre testi legali da o verso la lingua italiana.

Commenti

  1. Giovanna Rinaldi says:

    Grazie per queste parole pacate e obiettive, se tutti le leggessero e ci riflettessero su, sono certa che in futuro crisi come quella attuale risulterebbero ridimensionate. Purtroppo l’emozione facile fa sempre più leva della ragionevolezza. Peccato.

  2. [Nominativo rimosso dalla redazione] says:

    Onestamente mi sembra abbastanza assurdo come articolo. Primo, quindi ora ogni paese da qui parte un’epidemia deve pagarne i danni? Mi sembra poco sensato… Secondo, a parte forse prettamente nel momento iniziale della scoperta, la Cina ha affrontato la problematica con serietà ed efficacia tanto che negli ultimi giorni i contagi sul territorio cinese sono pochissimi. Vedendo le reazioni dei paesi occidentali, ora che si sa come limitare il contagio, non penso proprio che avrebbero avuto una reazione più rapida e meglio organizzata. Terzo, cosa c’entra Chernobyl ? L’esplosione della centrale è appunto frutto di un errore umano, oltretutto folle ed evitabile, non vedo alcuna relazione con la comparsa di un virus. Quarto, si parla sempre di Unione sovietica e Cina come se fossero dei paesi occidentali, ma va ricordato che hanno dovuto recuperare un gap a livello di industrializzazione enorme. Prima del comunismo erano stati quasi feudali basati sul lavoro della terra. Quindi questo paragonare le zone rurali cinesi, ancora arretrate, a quelle occidentali mi pare insensato. Quinto, ringrazierei la Cina in primis per gli aiuti, ma anche per essere riusciti a limitare la diffusione del virus, dato che non so quanto stati occidentali avrebbero applicato subito delle misure così restrittive e pesanti per contenere il contagio.

  3. Anna says:

    Esattamente il mio pensiero!

  4. Giuliano Delfiol says:

    Come sempre i suoi articoli rassicurano sulla sopravvivenza della ragione e della logica, sopravvivenza che appare spesso dubbia consultando certi media, anche diffusi e apprezzati.

  5. [Nominativo rimosso dalla redazione] says:

    Buongiorno,
    La seguo ormai da qualche anno ma mai come oggi mi sono sentito in imbarazzo nel leggere questo suo articolo sulla Cina intriso di luoghi comuni triti e ritriti. Sono un sinologo, frequento la Cina dal 1986 [Rimosso]

  6. Gigliola Canepa says:

    Gentile Signor Lovisolo, mi permetto segnalare l’articolo di Gianluca Mercuri in data 18 marzo pubblicato dal Corriere Della Sera sotto il titolo Attenti al maxispot cinese sull’”efficienza” delle dittature (ma il vero controspot siamo noi, l’Italia). Fa riferimento all’originale a firma di Gideon Rachman (Financial Times). Grazie. Buona lettura e buona salute a tutte-i.

  7. Elena says:

    Condivido pensiero e riflessioni

  8. [Rimosso dalla redazione] says:

    Trovo assolutamente fuori luogo questo articolo che, con tutto il rispetto, non mi sarei mai aspettata da una persona lucida e razionale come si è sempre mostrata nei suoi interventi. Ritengo che il suo punto di vista sia piuttosto razzista e sicuramente poco fondato a livello medico e scientifico.

  9. [Nominativo rimosso dalla redazione] says:

    Gentile signor Lovisolo,

    mi pare che il suo punto di vista sia legittimo, come quello di tanti che non sono d’accordo. [Rimosso]

  10. Giovanni Pavani says:

    La ringrazio di questa analisi molto interessante.
    Non mi permetto di giudicarne il contenuto perché non ne ho elementi. Mi ha offerto lo stimolo per approfondire l’argomento e farmi una mia personale idea dei fatti presi in esame. Quando un discorso o uno scritto mi spingono a voler approfondire, sono sempre molto felice, mi sento partecipe dei fatti del mondo, e non un semplice osservatore distratto che pensa soltanto al suo orticello, o, peggio ancora, a polemizzare con chiunque per il semplice piacere di farlo.
    Grazie dunque dello stimolo.

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Luca Lovisolo

Lavoro come ricercatore indipendente in diritto e relazioni internazionali. Con le mie analisi e i miei corsi accompagno a comprendere l'attualità globale chi vive e lavora in contesti internazionali.

Tengo corsi di traduzione giuridica rivolti a chi traduce, da o verso la lingua italiana, i testi legali utilizzati nelle relazioni internazionali fra persone, imprese e organi di giustizia.

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