La Camera dei deputati russa (Duma) ha approvato un provvedimento in cui chiede al presidente Vladimir Putin di riconoscere le due repubbliche autoproclamate in territorio ucraino, le cosiddette «repubbliche popolari» di Doneck e di Lugansk. Il senso di questo provvedimento non è chiaro.
La Russia ha già riconosciuto da tempo l’esistenza dei due Stati autoproclamati. Nel 2017 ne ha riconosciuto come validi i documenti di immatricolazione e le targhe automobilistiche. Nel 2020 ha accettato i passaporti emessi dalle stesse «repubbliche.» Tali documenti conferiscono oggi il diritto di recarsi in Russia senza visto. Si aggiungono le forniture di materiali provenienti dalla Russia e la mai nascosta collaborazione fra gli amministratori delle due «repubbliche» e le autorità russe. Infine, la Russia ha concesso la propria cittadinanza con procedura semplificata a migliaia di «cittadini» dei due Stati autoproclamati. Dal punto di vista giuridico, con tutti questi atti Mosca ha riconosciuto per fatto concludente l’esistenza e l’indipendenza delle due amministrazioni separatiste, senza bisogno di un’esplicita dichiarazione di riconoscimento.
E’ difficile capire oggi che significato abbia la richiesta approvata dalla Duma. Nel dibattito, i deputati ripetevano i consueti argomenti sul dovere di protezione della popolazione dei due territori, che, a dire dei russi, è minacciata nella sua esistenza dal governo ucraino. E’ altrettanto difficile credere che l’atto parlamentare non sia parte di una tattica che rientra nelle tensioni di questi giorni. Al momento, l’unica spiegazione possibile è che un riconoscimento dichiarato preluda a un’annessione dei due territori separatisti, quali nuovi soggetti della Federazione russa, come già accaduto con la Crimea e la città di Sebastopoli.
Se così facesse, la Russia contraddirebbe però il dettato degli accordi di Minsk, che invece vorrebbe veder attuati. In tali accordi, i due territori resterebbero sovranità dell’Ucraina, seppur con uno status di autonomia che ne farebbe marionette di Mosca.
Le due «repubbliche» non comprendono tutta l’estensione delle regioni di Doneck e Lugansk. Occupano solo una porzione di territorio intorno alle due città e si estendono ciascuna poco più della provincia di Cuneo, per dare un’idea al lettore. Le milizie filorusse, nel 2014/2015, si erano addentrate ben più a fondo in territorio ucraino, con l’intenzione di conquistare un arco compreso fra Charkiv e Odessa. I territori degli attuali Stati autoproclamati sono il ridotto in cui l’esercito ucraino ha respinto i miliziani filorussi nella guerra perdurante da otto anni sino a oggi. Nel conflitto si contano più di 10’000 soldati ucraini caduti e oltre un milione di sfollati. Nonostante le dichiarazioni dei giorni scorsi, intanto, la tensione nella regione non accenna a diminuire.