
L’analisi delle elezioni presidenziali in Polonia offre spunti per tutta Europa. Una tornata elettorale che è stata parte di uno stretto ciclo di votazioni tra Europa e Stati uniti in pochi mesi. Gli elettori pronti a votare partiti e candidati che mettono in discussione lo Stato di diritto. Le disparità fra i territori, il voto giovanile e il tema delle migrazioni incontrollate. Dai risultati si riconoscono tendenze comuni.
Molti aspetti richiamano l’attenzione, nell’analisi delle recenti elezioni presidenziali in Polonia, vinte da un candidato conservatore e antieuropeista, Karol Nawrocki. Merita analizzare i risultati, perché permettono considerazioni che riguardano anche noi: la >diffusione territoriale e sociale del voto, la condotta >dell’elettorato più giovane e altri elementi che indicano >tendenze comuni con l’Occidente. La vittoria di Nawrocki è avvenuta per un pugno di voti, le elezioni non sono state turbate da manifeste irregolarità come avvenuto a novembre in Romania. Senza meraviglia, le campagne hanno votato in massa il candidato populista e antieuropeo di destra, le città quello europeista e di centro, Rafał Trzaskowski.
Vi è un numero consistente di elettori che non esita a votare partiti e candidati che mettono in discussione le basi dello Stato di diritto e le alleanze internazionali che hanno garantito al loro Paese un rapido recupero dall’arretratezza in cui li avevano lasciati i regimi precedenti alle rivoluzioni del 1989. Questi protagonisti politici cavalcano addirittura la nostalgia per la grigia prevedibilità della vita nei regimi totalitari e promettono il ritorno a una rassicurante società chiusa a ogni sfida della modernità. Si tratta di partiti dagli slogan populisti, non importa se orientati a destra o a sinistra, accomunati dall’attrazione per l’autoritarismo.
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IL DIVARIO TRA I TERRITORI, UN TRATTO COMUNE ALL’EST
Come ho già osservato nell’analisi del voto in Romania (>qui), il divario economico e culturale tra città e campagne è una delle eredità più persistenti dei regimi comunisti, caduti fra il 1989 e il 1991. Tra le molte ragioni più note di questa disparità di sviluppo se ne può citare una che viene ricordata più di rado: i Paesi dell’Est non conobbero la motorizzazione di massa che l’Occidente visse nel Dopoguerra.
In Occidente, tra gli anni Cinquanta e Sessanta si diffusero modelli popolari di automobile e si estese la rete di strade e autostrade. Il possesso di mezzi privati di trasporto, familiari e commerciali, fu determinante per ridistribuire lo sviluppo economico e culturale tra città e campagne. Facilitò contatti personali ed economici, permise agli abitanti delle zone rurali di studiare, frequentare persone e cercare opportunità nelle città. Anche il parco ferroviario fu ripristinato in fretta, dopo i danni di guerra.
I Paesi dell’Est Europa non vissero lo stesso sviluppo. Il possesso di un’automobile restò a lungo un privilegio per pochi. La diffusione di mezzi di trasporto individuali aumentò nel tempo, ma restò limitatissima rispetto all’Occidente, per giunta con modelli antiquati che non permettevano la stessa mobilità. La rete stradale non si estese come in Occidente.
Polonia elezioni presidenziali: analisi e disparità storiche
Nei primissimi anni Duemila accompagnai un cliente in Ungheria, in una delle principali città industriali al confine con la Slovacchia. Erano passati poco più di dieci anni dalla fine del regime. Tranne pochi chilometri di autostrada fuori Budapest, percorremmo la metà orientale del Paese su strade locali che attraversavano ogni borgo. Incrociammo uno scarsissimo traffico automobilistico e diversi mezzi a trazione animale. La Romania sta costruendo oggi, come altri Paesi dell’Est, la rete di autostrade che Italia, Germania e Francia costruirono negli anni Cinquanta e Sessanta. Le ferrovie della Germania Est impiegarono locomotive a vapore nell’esercizio ordinario sino al 1988.
La disponibilità di beni di consumo, già limitata nei centri urbani, lo era ancor di più nelle campagne. In Unione sovietica le massaie facevano lenti spostamenti sui treni regionali, per acquistare nelle città insaccati e generi alimentari che nelle zone rurali non arrivavano – erano i treni dei salami, ricordava il politico russo Vladimir Žirinovskij, si riconoscevano dall’odore che impregnava le carrozze.
I contadini che giungevano dalle campagne a Bucarest e negli altri centri della Romania di Ceaușescu, in bicicletta o sui carri a cavallo, allungavano le code davanti ai negozi di alimentari, suscitando le gelosie dei residenti in città, già malserviti per sé stessi. In Unione sovietica, fino al 1978 i contadini dei Kolchoz non ebbero diritto ad avere documenti d’identità e potevano allontanarsi dalla fattoria solo se autorizzati.
Queste disparità tra i territori generarono anche povertà culturale e diffidenze. Se nemmeno le grandi città dell’Est Europa ebbero lo stesso sviluppo delle capitali occidentali, molte zone di campagna rimasero ferme agli anni Quaranta. Le tracce di quel passato sono vive sino a oggi, non solo nel minor benessere materiale, ma anche nella mentalità e nella cultura delle popolazioni.
Una generazione non basta per superare i contrasti
I Paesi a regime comunista anticiparono l’Occidente su aspetti come l’emancipazione della donna o l’accessibilità dei servizi sociali, ma produssero società immobili e conservatrici, fondate sulla promessa di una vita senza sfide e senza rischi, chiuse al progresso perché costrette a invidiarlo nella vita degli occidentali.
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Quel mondo è finito 35 anni or sono, eppure non è bastata una generazione, per superare i blocchi che ha radicato nelle menti di tutto l’Est Europa, in particolare nelle campagne. L’analisi delle elezioni presidenziali indica che anche in Polonia, che ha saputo superare meglio di altri le conseguenze del passato regime, le differenze restano visibili. Non basta riasfaltare le strade rurali con i fondi europei, per sconfiggere mezzo secolo di isolamento.
Le campagne, più che le città, sono più esposte anche all’influenza impropria delle Chiese. L’alleanza tra le estreme destre e il clero contrasta ovunque le battaglie a favore dell’aborto, dell’emancipazione della donna e di qualunque iniziativa che odori di modernità.
POLONIA ELEZIONI PRESIDENZIALI: L’ANALISI DEL VOTO GIOVANILE
Al primo turno delle presidenziali polacche i giovani hanno preferito i partiti dei due estremi, con una netta prevalenza per l’estrema destra. Al secondo turno gli elettori giovani dell’estrema sinistra sono passati in massa il candidato antieuropeo di destra, nulla curandosi delle differenze ideologiche tra i due.
In queste scelte vi è una parte di voto di protesta contro il cattivo stato della sanità pubblica, la precarietà del lavoro e l’esplosione degli affitti, temi che l’attuale governo di centro non ha affrontato a dovere, secondo l’elettorato più giovane.
A incidere, però, vi è anche la questione migratoria. In Polonia la migrazione ha tre volti: i migranti africani e mediorientali che premono sulla frontiera est, trasbordati dalla Russia e dalla Bielorussia con false promesse per esercitare pressione politica sull’Europa; i rifugiati ucraini giunti in Polonia con la ripresa della guerra, che sollecitano il mercato del lavoro e i servizi sociali; i timori che anche in Polonia possa arrivare dall’Europa una migrazione extraeuropea incapace di integrarsi e causa di disordini.
Se in Italia e Svizzera le conseguenze della migrazione incontrollata esistono ma restano contenute, i polacchi ne vedono da vicino gli effetti in Germania. Anche i giovani tedeschi, in passato elettori preferenziali delle sinistre, nelle ultime tornate elettorali hanno sostenuto le destre. Sono stufi di vedere i loro luoghi di ritrovo monopolizzati da una migrazione giovane come loro, ma prepotente, quasi tutta maschile e spesso violenta; una migrazione che si accaparra servizi sociali e appartamenti in quartieri periferici diventati invivibili per i tedeschi, mentre un tempo erano i luoghi dove i giovani potevano trovare abitazioni a prezzi accessibili e servizi per iniziare la vita autonoma.
I timori per la migrazione e la sicurezza delle città
Oggi le città dell’Est Europa sono più sicure, rispetto a quelle occidentali, e di molto. In esse ci si può ancora muovere con tranquillità anche a ore tarde; si possono utilizzare treni e autobus senza i timori che purtroppo sono diventati attualità in Germania e altrove in Occidente. Il precipitare della sicurezza pubblica in Europa occidentale è dovuto alla migrazione incontrollata. I cittadini dell’altra metà d’Europa lo sanno e non desiderano subire lo stesso destino: un altro tratto comune che emerge dall’analisi delle elezioni presidenziali in Polonia.
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Per questo, in Polonia anche i partiti di centro-sinistra adottano un corso molto severo sulle migrazioni, ma non convincono tutti. Molti elettori giovani preferiscono le destre anche perché propongono programmi di sostegno sociale che i partiti tradizionali sembrano rivolgere solo ai cittadini più anziani, afferma un >rapporto sulla condizione della gioventù polacca redatto da Kaja Gagatek, Urszula Karaś e Julia Kelsz per la Fondazione Ważne Sprawy (2025).
Gli elementi del voto che uniscono Est e Ovest
Vi è un tratto che unisce le più recenti tornate elettorali tra Europa orientale e Occidente: il successo dei partiti populisti, non importa se di destra o di sinistra; tutti antieuropei, filorussi e pronti a sovvertire i fondamenti della democrazia. In Polonia l’elemento filorusso è meno pronunciato, per ragioni storiche, ma la sostanza non cambia. Non ovunque questi partiti hanno prevalso, ma ovunque la loro avanzata si è fondata su un elettorato dal livello di istruzione sempre più basso. I dati diffusi da >IPSOS in Polonia non lasciano dubbi. Quanto più si abbassa la scolarizzazione dei votanti, tanto più prevalgono i candidati populisti ed estremisti. La differenza si ritrova nel divario fra città e campagne.
In Romania, candidati e partiti populisti filorussi spopolano anche grazie agli spaventosi tassi di analfabetismo funzionale che si registrano nel Paese. In Polonia, il candidato filoeuropeo ha vinto nettamente (65% contro 35%) fra gli elettori con istruzione superiore; ha registrato una pesante sconfitta tra le fasce con scolarizzazione più bassa e nelle campagne. La scelta non era tra due candidati, ma tra due idee di società: l’una democratica e orientata all’Europa, l’altra autoritaria e contraria alle garanzie dello Stato di diritto.
Analizzando il voto per professioni, tra i contadini polacchi il candidato antieuropeo ha toccato l’80% delle preferenze. Vero che la categoria si ritiene svantaggiata dalla concorrenza dei prodotti agricoli provenienti dall’Ucraina, la cui importazione in Europa è stata facilitata per contrastare gli effetti della guerra. Eppure, sostenere le esportazioni ucraine oggi è un elemento di sicurezza per la stessa Polonia, anche se può causare difficoltà ai produttori nazionali.
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POLONIA ELEZIONI PRESIDENZIALI: ANALISI E CONCLUSIONI
Comprendere le relazioni sulle quali si reggono oggi la nostra sicurezza e il nostro benessere richiede sufficienti capacità di elaborazione intellettuale e una corretta informazione. La disinformazione dilagante fa presa su un pubblico incapace di trarre conclusioni pratiche da ciò che sente e legge, sempre più vasto in tutta Europa e in tutto l’Occidente.
Preservare lo stile di vita della nostra parte di mondo richiede una cittadinanza consapevole. Gli esiti elettorali degli ultimi decenni sono condizionati dalla propaganda e da un elettorato non abbastanza attento per smascherarla, anzi, spesso fiero della propria inconsapevolezza. E’ sempre più frequente incontrare anche persone laureate e di buon livello d’istruzione che dimostrano una grave incapacità di giudicare in base ai fatti, persino orgogliose di sostenere sui loro canali Internet tesi imbarazzanti per la loro infondatezza. Nel complesso, però, la disinformazione si trasforma in azione politica attraverso gli elettori meno istruiti, più sensibili ai messaggi sensazionalisti e alle teorie del complotto.
Vi sono capitoli di attualità internazionale, come le guerre in Ucraina e in Palestina, sulle quali l’opinione pubblica prevalente ha maturato un’idea del tutto distorta, come su altri temi essenziali dell’attualità. Queste convinzioni errate orientano il voto.
Le elezioni in Polonia sono state parte di un ciclo intenso di tornate elettorali in pochi mesi, tra Georgia, Moldova, Stati uniti, Romania e Germania. Hanno prodotto risultati diversi, ma permettono di riconoscere elementi comuni, di qua e di là dell’Oceano e della vecchia divisione dell’Europa.
Da tutte queste votazioni emerge che l’unica arma certa a difesa della libertà e del benessere che l’Occidente ha conquistato alla fine di nazismo e fascismo – e l’Europa orientale alla fine del comunismo – è un livello adeguato e diffuso di istruzione e consapevolezza della responsabilità individuale. La sovranità appartiene al popolo, ma non si esercita abbandonandosi agli istinti primordiali.
Gianpaolo says:
Buongiorno Luca
Interessante disamina sulle cause e conseguenze delle intenzioni di voto polacche. Una domanda un po’ fuori luogo: la Polonia, così come altri stati dell’est e nord Europa, dovrebbe neutralizzarsi per soddisfare le «garanzie di sicurezza» di Mosca: posto ciò come assunto (carta russa canta) cosa intende davvero Putin quando parla di neutralità?
Un altro quesito che le pongo: alla luce degli sviluppi recenti, la Russia come potrà attaccare l’Alleanza Atlantica? Con un’ azione provocatoria al limite della guerra aperta per testare la reazione della NATO e poi agire con un atto di guerra vera e propria, oppure, se ci ritiene deboli e divisi, potrebbe passare subito ad un atto di guerra vera e propria? O un altro scenario/i che non ho contemplato?
La ringrazio anticipatamente della sua risposta. Un gradito apprezzamento per il magistrale lavoro che svolge quotidianamente (ho letto la sua ultima fatica, che mi è piaciuta molto).
Buona giornata
Luca Lovisolo says:
Buongiorno Giampaolo,
Grazie per aver acquistato e apprezzato il libro >Gli imperi non vogliono morire. Premesso che le pretese russe sono note e invariabili nei caratteri generali, ma nei dettagli cambiano in base al momento, quando Putin parla di «neutralità» si riferisce nei fatti a una condizione di smilitarizzazione e incapacità di reagire da parte degli Stati in questione (non solo la Polonia). Ogni attività militare dovrebbe essere sottoposta al beneplacito di Mosca. Lo scopo è creare una zona smilitarizzata dal Baltico al Mar Nero che darebbe alla Russia pieno potere di dominare quegli Stati e invaderli, quando lo volesse.
L’attacco della Russia alla NATO può avvenire in entrambe le modalità che Lei indica. Un’azione locale, provocatoria, secondo studi recentissimi può essere possibile già tra sei mesi. Un attacco su più larga scala può richiedere, secondo le stesse analisi, da due a cinque anni. Un terzo scenario è l’impiego di militari senza mostrine nazionali («omini verdi» come fece in Crimea), inviati nei Baltici per solleticare la NATO restando nell’equivoco. Tutti questi scenari sono realizzabili, nei tempi detti, nonostante l’allegria e l’inconsapevolezza di molti governanti occidentali.
Grazie e cordiali saluti
Luca