La Conferenza di Monaco 2020

Ogni anno, a metà febbraio, si radunano a Monaco di Baviera centinaia di alti rappresentanti degli Stati, provenienti da tutto il mondo. In sala anche docenti universitari, presidenti di istituti di ricerca, giornalisti delle principali testate planetarie. In questo dossier, i punti da ricordare della Conferenza del 2020. Un mondo in cerca di nuovi equilibri.

Il mondo, il diritto, la NATO
Stati uniti, Russia e Francia
Europa e Italia – Conclusioni
Il mondo, il diritto, la NATO

Lo stato del mondo

Per comprendere gli esiti della 56.ma Conferenza internazionale di Monaco sulla sicurezza bisogna immaginare una cartina del mondo, sulla quale rappresentare le forze in gioco. «Forza» non significa solo potenza militare ed economica, ma anche valori, elementi fondanti della convivenza civile. Sulla base di questo mondo a frecce, si possono valutare gli interventi dei rappresentanti di Stati e istituzioni alla Conferenza di Monaco, che da 56 anni è il più importante appuntamento annuale sullo stato del mondo. Circa cinquecento emissari ai massimi livelli degli Stati, ma anche di università, centri studi e istituzioni internazionali si riuniscono, a febbraio di ogni anno, per dar vita a questo consesso, che dura due giorni e si svolge su più linee di discussione parallele.

Il mondo, oggi si può rappresentare così: dall’Est, verso l’Europa, puntano due frecce provenienti l’una da Mosca e l’altra da Pechino. Da sud e da sud-est, perciò dall’Africa e dal Medioriente, puntano sul nostro continente altre due frecce. Dalla Russia, un’altra freccia punta sul Medioriente e dalla Cina una freccia punta sull’Africa. Una freccia bidirezionale, tratteggiata, unisce l’Europa e gli Stati uniti. Una linea, tratteggiata anch’essa, unisce Washington e Mosca, un’altra Washington e Pechino. Sul Sud America puntano frecce provenienti dagli Stati uniti, dalla Russia e dalla Cina. Su tutto, immaginiamo come un cappello le istituzioni internazionali, e in particolare tre: le Nazioni unite, l’Organizzazione mondiale per il commercio e la NATO. Da questa rappresentazione sorgono per noi le domande seguenti:

  1. Qual è la posizione dell’Europa rispetto alle forze provenienti da oriente e da sud;
  2. Qual è lo stato dell’alleanza fra Europa e Stati uniti: in una parola, cosa significa essere «occidentali» oggi;
  3. Qual è la capacità di agire delle istituzioni e del diritto internazionali.

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Il Presidente della Repubblica federale tedesca: critica esplicita

La Conferenza è stata aperta dal Presidente della Repubblica federale tedesca, Frank-Walter Steinmeier, con un lungo intervento molto duro ed esplicito verso la condotta delle maggiori potenze, inclusi gli Stati uniti. Ha citato il comportamento della Russia in Crimea, gli atti della Cina nel Mar cinese meridionale e la condotta degli Stati uniti di Donald Trump: causano, secondo Steinmeier, una dinamica distruttiva dell’ordine globale voluto alla fine della Seconda guerra mondiale, fondato sulle istituzioni internazionali e sulla forza del diritto, non sul diritto del più forte. Quanto a noi europei, il presidente tedesco ha osservato che dobbiamo abituarci al fatto che le potenze intorno a noi non hanno più interesse a un’Europa unita: dobbiamo adeguarci mentalmente a questa nuova realtà. Sulla questione dei finanziamenti alla NATO, sulla quale insiste l’amministrazione Trump, Steinmeier ha affermato che la credibilità dell’Occidente non si limita all’impegno economico. Se si perde la capacità diplomatica e si indebolisce la tenuta degli accordi internazionali, non si compenseranno queste perdite con maggiori investimenti nella difesa.

Il capo di Stato tedesco ha messo in luce, in modo schietto e impietoso, i punti dolenti della fase di transizione che il mondo sta vivendo. Le forze che puntano sull’Europa dalla Russia e dalla Cina non sono solo portatrici di interessi economici: rappresentano un’idea di società opposta a quella europea, fondata sulla dignità dell’individuo e la libera manifestazione della sua personalità, che è centro del progetto europeo. Russia e Cina sono società fondate sulla prevalenza dello Stato, non sulla libera manifestazione individuale. E’ una scelta di valori: dobbiamo decidere quale posizione vogliamo prendere rispetto a queste influenze, sempre più forti dal punto di vista militare per quanto riguarda la Russia e dal punto di vista economico e tecnologico per quanto concerne la Cina.

La NATO: la sua funzione e i punti interrogativi

Nel successivo intervento, il Segretario generale della NATO Jens Stoltenberg ha cercato di dissipare i dubbi sulla tenuta dell’Alleanza atlantica, riassunti alcuni mesi fa dalle dichiarazioni di Emmanuel Macron, che non ha esitato a definire la situazione della NATO una «morte celebrale.» I dubbi sulla tenuta dell’Alleanza sono alimentati soprattutto dalle posizioni erratiche di Donald Trump, in particolare sulla sua insistenza – motivata, per se stessa – sul raggiungimento dell’obiettivo del 2% nelle spese militari da parte degli altri componenti dell’Alleanza.

Senza discutere qui sul fatto che questo obiettivo sia più o meno adeguato, è vero che l’Europa ha goduto sinora di un ombrello difensivo da parte degli Stati uniti, ma non vi ha contribuito in pari misura. L’insistenza di Trump su questo aspetto fa trapelare che gli Stati che non rispettano la soglia di investimento indicata potrebbero non essere difesi, in caso di attacco, come invece sancisce il patto di alleanza. Ciò indebolisce la credibilità della NATO verso l’esterno. L’intervento del Segretario generale ha tentato di convincere i presenti che l’Alleanza è solida: Stoltenberg lo fa da molto tempo, ormai, e questa insistenza nel confermare qualcosa che non dovrebbe averne bisogno, perché scritto e firmato nei trattati, sembra rafforzare i dubbi.

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Stati uniti, Russia e Francia

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Stati uniti: solo trionfi?

Il Segretario di Stato degli Stati uniti d’America, Mike Pompeo, ha tenuto un discorso dai toni trionfali, incentrato sul cammino vittorioso dell’Occidente, ed è sembrato dimenticare molte cose. Ha dato una visione ottimistica, quasi eroica, fondata quasi esclusivamente sui pericoli provenienti dalla Cina. Ha taciuto sul ruolo non certo costruttivo degli Stati uniti nelle istituzioni internazionali, alle quali Pompeo non ha rivolto un solo cenno. Non vi sono dubbi che l’Europa e gli Stati uniti condividano i principi della società aperta e dello Stato di diritto. Sembra sempre più difficile, però, che Europa e USA possano essere accomunati anche da una visione dei rapporti internazionali. Le dichiarazioni di Pompeo non hanno dissolto il dubbio che Washington, dietro le dichiarazioni formali, proceda ormai su un cammino proprio, slegato dal multilateralismo e dalla concertazione internazionale, proprio come la tanto criticata Russia. Sulla stessa linea l’intervento del segretario di Stato alla difesa statunitense, Mark Espen, seguito poco dopo, quasi totalmente indirizzato contro il pericolo cinese.

Anche Nancy Pelosi, presidente della Camera dei rappresentanti USA e su posizioni politiche opposte a quelle di Donald Trump, interrogata sulle intenzioni degli Stati uniti in merito all’alleanza con l’Europa da parte di una deputata italiana presente in sala, non ha dato una risposta convincente. Segno che i dubbi presenti oltreoceano in merito ai rapporti transatlantici sono trasversali ai due partiti politici statunitensi.

A Pompeo va riconosciuto, però, di non aver mentito apertamente: si è limitato a non citare le istituzioni e il diritto internazionale, che gli Stati uniti hanno scavalcato senza pensieri, negli ultimi tempi, dalla questione palestinese al caso Soleimani, per ricordare solo gli eventi più recenti. Così non si può dire del ministro degli esteri russo Sergej Lavrov, i cui interventi affondano da tempo a piene mani in una ipocrisia che si fatica ad ascoltare. Ovunque compare, Lavrov insiste sulla necessità di multilateralismo, di rispetto del diritto e delle istituzioni internazionali. Il suo Paese, però, ha sottratto militarmente la Crimea alla vicina Ucraina, alimenta i separatisti filorussi in Donbass, controlla tramite governi-fantoccio il 20% del territorio della confinante Georgia. E’ sempre più difficile commentare le uscite del ministro russo. Ripete da anni gli stessi ritornelli, incurante delle evidenti contraddizioni fra le sue parole e i fatti compiuti sul terreno dal suo governo.

Francia: una visione giovane d’Europa

Di grande interesse e dinamismo l’intervento del presidente francese Emmanuel Macron. Se si cerca una visione dell’Europa proiettata verso il futuro, l’intervento di Macron ha lasciato la netta impressione che oggi, per trovarla, ci si debba volgere verso Parigi. L’intelligenza, la preparazione e la giovane età permettono al del capo di Stato francese una visione profonda, rivolta alle sfide attuali e future, piuttosto che ai retaggi del passato. Alcune dichiarazioni di Macron hanno sollevato perplessità, nei mesi scorsi: da quella, già citata e molto esplicita, secondo cui la NATO si troverebbe in stato di morte cerebrale, sino alle affermazioni sul ruolo della Russia, in un’Europa da Vladivostok a Lisbona, che sembrano echeggiare alcuni temi cari a Putin e agli ideologi del Cremlino. Ascoltate dalla sua viva voce, queste visioni acquistano una portata diversa.

E’ difficile dare torto a Macron, quando afferma che la politica di vicinato dev’essere al centro dell’azione europea: non è una questione transatlantica da discutere con gli Stati uniti. «Vicinato» non significa solo politica di allargamento. L’Europa deve costituire un nucleo forte e coeso, credibile verso l’esterno, per regolare i rapporti con i suoi vicini. I russi hanno agito in Ucraina e Georgia perché noi siamo stati deboli, afferma Macron. L’Occidente non ha rispettato le «linee rosse» che ha indicato come ultimative, neppure in Siria, quando si promise e non si mantenne l’impegno di un intervento, se al-Assad avesse utilizzato le armi chimiche.

I rapporti con la Russia secondo Macron

La posizione dell’Occidente verso la Russia si è mostrata sinora inefficiente, secondo il presidente francese. Ha causato un accumulo di conflitti «congelati» e a bassa intensità, che non si risolvono. È necessario cercare un dialogo strategico senza cedere sui principi. Per questo, l’Europa deve essere credibile e adulta. Deve raggiungere un’autonomia di difesa che le permetta di essere un vero secondo pilastro della NATO, a fianco degli Stati uniti. Se l’Europa non ha libertà di agire nella difesa, non può affermarsi verso l’esterno nemmeno sul piano diplomatico: un’Europa sovrana non può far passare la questione della difesa attraverso gli Stati uniti.

Sul piano dello sviluppo interno, Macron ha rimarcato che mentre cinesi e americani investono rapidamente nel loro futuro, noi europei restiamo indietro. Investire nel futuro significa investire nella ricerca e nello sviluppo, nell’economia verde, nelle reti. Generare sviluppo è la chiave per risolvere anche le tensioni interne, riconciliando la classe media con il nostro domani. Non capirlo è un errore storico, secondo Macron: lo sa bene, lui che vive le tensioni in corso nel suo Paese sui temi sociali, dai Gilet gialli alla riforma delle pensioni.

Ci si può chiedere quali contenuti dovrà avere, un dialogo strategico con la Russia, che sinora ha utilizzato ogni apertura internazionale solo per rafforzare le sue posizioni, come dimostrano anche gli eventi più recenti in Ucraina, dove a ogni disponibilità al dialogo corrisponde un intensificarsi dei combattimenti sul terreno; è lecito interrogarsi su come l’Europa potrà costituire quel nucleo forte e coeso che dovrà imporre con credibilità verso l’esterno una visione strategica continentale, come chiede Macron. E’ fuor di dubbio, però, che a Monaco il presidente francese ha illustrato con rara efficacia e coinvolgente entusiasmo una visione d’Europa rivolta al domani, sulla quale si può aprire una discussione seria, che prende atto senza finzioni e ipocrisie dei mutamenti in corso, anche nelle alleanze più tradizionali, come quella con gli Stati uniti.

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Europa e Italia – Conclusioni

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La visione europea 

Il dibattito sull’Europa, molto interessante, ha chiuso la Conferenza di Monaco, domenica mattina. Sono emersi tutti i punti di contrasto, verso la visione strategica comune indicata da Macron, ma si è compreso anche quanto un’azione comune europea sia inevitabile, se i singoli Stati non vogliono ridursi a vassalli delle maggiori potenze. Come ha indicato l’avvocatessa Zuzana Čaputová, Presidente della Repubblica della Slovacchia, nel suo breve ma incisivo discorso, noi europei siamo portatori di una visione di società fondata sullo Stato di diritto, cioè sull’indipendenza del potere giudiziario, sulla separazione dei poteri e sulla centralità dell’individuo: questi sono gli elementi centrali che fanno la differenza, rispetto ad altre regioni del mondo.

Un istruttivo scambio di battute fra il nuovo Alto rappresentante per la politica estera europea, Josep Borrell, e il Ministro degli esteri polacco Jacek Czaputowicz, ha rappresentato in un lampo il perché gli europei faticano a trovare posizioni strategiche comuni: Borrel, che è spagnolo, ha detto: «Per voi polacchi, gli Stati uniti e il Vaticano hanno significato libertà – riferendosi all’azione di Papa Giovanni Paolo II, polacco, verso la caduta del regime comunista, e alla successiva adesione della Polonia alla NATO – ma io, spagnolo, sono stato vittima di una dittatura che è durata quarant’anni, grazie al sostegno di Stati uniti e Vaticano.» Borrell si riferiva alla dittatura franchista, ed è stato chiaro che una visione strategica comune dell’Europa può essere cercata solo guardano al futuro, guidati dalla necessità di salvaguardare i nostri valori fondamentali di fronte alla crescita d’influenza delle potenze che non riconoscono questi valori.

In questo dibattito e in tutta la Conferenza è apparsa ormai marginale la posizione del Regno unito. Una marginalità che ha bene espresso la perdita di influenza di Londra dopo la Brexit. Il rappresentante inglese, nel dibattito europeo, un consigliere governativo, ha impiegato tutto il tempo a rassicurare gli ascoltatori sul fatto che l’Inghilterra intende continuare a far parte delle alleanze europee per la sicurezza e si sente pienamente appartenente al Continente. Non era difficile scorgere in queste affermazioni il timore di essere tagliati fuori dagli eventi, dopo l’uscita dall’Unione europea.

L’intervento italiano

Nella seconda parte del dibattito sull’Europa era presente anche il Ministro degli esteri italiano, Luigi di Maio. Salito sul podio, ha letto meccanicamente un discorso che è parso scritto da altri, pieno di scontatezze e burocratese ministeriale. Nel dibattito che è seguito, il ministro italiano è rimasto zitto quasi tutto il tempo, mentre gli altri si sono alternati per un’ora e mezza con idee, argomenti, proposte. All’unica domanda rivoltagli dalla moderatrice, il ministro si è prodotto in una serie di banalità, mentre la Penisola ha ai suoi piedi uno dei teatri di crisi più caldi al mondo; quando dalla sala è giunta, inevitabile, la domanda sul perché l’Italia si dichiara europea ma firma di testa propria l’accordo con la Cina per aderire da sola alla «Via della seta,» Di Maio ha risposto con un profluvio di parole, pasticciando ancora di più le carte e confermando le perplessità anziché dipanarle.

Assistere a queste scene aiuta a capire perché l’Italia resta esclusa dai grandi giochi: quando si trova in una sede come la Conferenza di Monaco, un ministro non parla di fronte a una piazza che urla slogan contro la casta. Tra le persone presenti in sala e quelle collegate via streaming, si rivolge a qualche migliaio di professionisti delle relazioni internazionali, politici di alto livello, presidi di facoltà universitarie e direttori di istituti di ricerca. Questi, sulle parole del ministro, misurano il Paese che rappresenta, perché questo è il compito di un ministro votato e scelto per quella funzione. Può rallegrare che l’Italia sia stata coinvolta nel dialogo tra Francia, Germania e Regno unito sulla Libia: Tuttavia, se queste sono le persone e le idee che Roma manderà alle riunioni, non è chiaro il contributo che potrà dare.

Conclusioni

Non sono particolarmente appassionato di politica, per fortuna occuparsi di relazioni internazionali significa anche molto altro, ma la Conferenza di Monaco è un luogo dove alla politica ci si può appassionare: è il concentrato dei massimi politici del mondo, in particolare dell’Occidente. Politici che sanno coinvolgere, perché sono essi stessi appassionati del loro lavoro e parlano di cose che conoscono a fondo. Si alternano sul palco presidenti, consiglieri di governi e ministri che sono stati militari in zone di crisi, hanno collaborato alla firma di importanti trattati internazionali, hanno vissuto rivoluzioni. Dimostrano profonda conoscenza dei loro temi. Non tutti, certamente, ma molti, quasi tutti, e quest’anno, con la nuova Commissione, l’Unione europea ha dato un’impressione di particolare vivacità e voglia di fare.

Ancora una volta, e ancor di più, è emerso che le potenze autoritarie, Russia e Cina, marciano sempre più sicure contro i valori dell’Occidente e del mondo multilaterale, fondato sul diritto, voluto dopo la Seconda guerra mondiale, valori ormai messi apertamente in discussione anche dagli Stati uniti. L’Europa deve agire rapidamente, se vuole salvaguardare il proprio stile di vita e le libertà conquistate ai suoi cittadini in secoli di battaglie storiche e sociali, insieme al patrimonio di consapevolezza nelle relazioni internazionali stabilitosi dopo le due Guerre mondiali. In questo contesto, se l’Italia continua a considerare il Ministero degli esteri come uno sgabuzzino in cui riporre personaggi politici per meri giochi di potere, non potrà meravigliarsi, se a decidere saranno sempre gli altri.

Non è in gioco solo la possibilità di gestire adeguate e dignitose relazioni internazionali, ma la salvaguardia dei valori fondamentali sui quali si fondano le società occidentali, mai così traballanti come oggi. Avevamo iniziato con l’immagine di un mondo a frecce: quella che manca, è una solida freccia che parta dall’Europa, verso i suoi vicini e il resto del mondo.

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Luca Lovisolo

Lavoro come ricercatore indipendente in diritto e relazioni internazionali. Il mio corso «Capire l'attualità internazionale» accompagna chi desidera comprendere meglio i fatti del mondo. Con il corso «Il diritto per tradurre» comunico le competenze giuridiche necessarie per tradurre testi legali da o verso la lingua italiana.

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    Luca Lovisolo

    Lavoro come ricercatore indipendente in diritto e relazioni internazionali. Con le mie analisi e i miei corsi accompagno a comprendere l'attualità globale chi vive e lavora in contesti internazionali.

    Tengo corsi di traduzione giuridica rivolti a chi traduce, da o verso la lingua italiana, i testi legali utilizzati nelle relazioni internazionali fra persone, imprese e organi di giustizia.

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