
Il ritorno di Donald Trump solleva incognite. La situazione tra Russia e Ucraina cambia, con l’entrata in guerra della Corea del nord. L’indifferenza dei governi europei e il rifiuto della Germania di prendere atto della nuova realtà. Se i propositi di Trump non suscitano fiducia, anche l’amministrazione Biden produce molti discorsi, ma i fatti non sempre seguono le parole. L’errore di prospettiva verso la Russia.
Leggeremo molte analisi della vittoria di Donald Trump. Il suo ritorno non sconvolge: qualunque nome fosse sortito dalle urne, ciò che potrà accadere con Trump sarebbe potuto accadere con Kamala Harris, solo in modi diversi.
E’ bene, piuttosto, richiamare l’attenzione su un fatto quasi ignorato: la Corea del Nord è entrata in guerra a fianco della Russia contro l’Ucraina, cioè contro l’Europa, cioè contro di noi. Non è più possibile nascondersi dietro gli eufemismi. I governi occidentali hanno commentato l’evento con un raggelante silenzio. In Germania è successo di peggio. Un giornalista ha chiesto al portavoce del governo se l’entrata in guerra della Corea del Nord avrebbe cambiato l’atteggiamento del cancelliere Scholz sul conflitto: la risposta è stata un «no» tanto secco da far correre un brivido lungo la schiena, a chi sa cosa significa ciò che sta succedendo.
Negli Stati uniti salirà al soglio presidenziale un fantasista diffidente verso le alleanze occidentali, ma i governi europei confermano di vivere in una realtà parallela, onirica e funzionale solo alle loro personali geometrie di potere.
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Cosa farà Donald Trump, cosa avrebbe fatto Kamala Harris?
Non sappiamo cosa farà Donald Trump, ma conosciamo la sua ammirazione per Putin e sappiamo che avrà un vicepresidente che giudica gli interessi della Russia degni di considerazione. Ciò che si legge in questi giorni, sui suoi possibili passi futuri, è frutto di ipotesi e induzioni. Anche le nomine annunciate ai ministeri non forniscono indicazioni certe. Le parole di Trump valgono quanto quelle di Putin: nulla. Bisogna attendere i suoi atti concreti. Nel frattempo, valgono quasi invariate le osservazioni fatte nel 2016, per la sua prima ascesa al potere (>qui).
Non sappiamo cosa avrebbe fatto Kamala Harris: sappiamo che da tre anni l’amministrazione Biden, cioè la sua, gioca al tiro al piattello con i soldati ucraini, vietando l’uso a lunga portata delle armi occidentali, fornite peraltro in una frazione delle quantità promesse. Anche la presidenza uscente ha prodotto molti discorsi, all’apparenza più rassicuranti di quelli di Trump, ma i fatti sono rimasti a lunga distanza dalle parole.
Il punto chiave è sempre lo stesso: l’ostinazione di non riconoscere che la Russia è in guerra non per conquistare qualche regione ucraina, è in guerra contro l’Europa e il sistema di sicurezza occidentale. I governanti europei non possono più dire di non saperlo. Gli Stati uniti possono permettersi di sfilarsi, pur rimettendoci la credibilità.
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L’Europa, invece, ha già l’esercito russo in casa: cercare la tregua significa dare il destro a Mosca per riarmarsi e avanzare senza più limiti. Il progetto della Russia su di noi si sta realizzando: è anche il titolo di un mio libro, lo so. Non credevo, in verità, che sarebbe stato così tragicamente profetico.
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