Per quanto tempo il cliente ha diritto di contestare eventuali errori di traduzione? Il termine per la denuncia dei vizi occulti decorre dal momento della loro scoperta. In assenza di specifiche previsioni contrattuali fra traduttore e cliente, bisogna riferirsi alle norme generali. Quando si riceve una contestazione è necessaria prudenza, nel rispondere, per evitare svantaggiosi riconoscimenti di colpa.
Su una lista dedicata al confronto fra traduttori di lingua italiana è sorta un’interessante discussione sulla contestazione degli errori di traduzione. Per quanto tempo il cliente ha diritto di contestare eventuali errori di traduzione? Anche dopo mesi o anni? Come tutelarsi? Riporto qui i chiarimenti che ho proposto nella lista. Mi soffermo qui sulla responsabilità contrattuale del traduttore, rinunciando a occuparmi dei casi di responsabilità extracontrattuale, teoricamente possibili, ma nei fatti non attuali, nei rapporti più tipici di questa professione.
Salvo diversa disposizione concordata fra le parti, il termine per la denuncia dei vizi occulti – cioè dei vizi che il cliente non poteva immediatamente riconoscere alla consegna del lavoro – decorre dal momento della loro scoperta, non da quello della consegna dell’opera. Può variare da Paese a Paese (il codice italiano prevede otto giorni, quello svizzero lo lascia determinare in base alle circostanze degli affari). Un punto controverso può proprio essere la riconoscibilità dell’errore da parte del cliente: lo sbaglio poteva essere scoperto, al momento della consegna, con un controllo svolto secondo l’ordinaria diligenza?
Se il traduttore e il cliente si trovano in due Paesi diversi, è necessario individuare anche quale sia il diritto applicabile. Importante anche il termine di prescrizione dell’azione (da non confondere con quello di denuncia del vizio), ossia il termine entro il quale il cliente può rivolgersi al giudice per ottenere forzatamente le garanzie di legge o il risarcimento del danno. In assenza di specifiche previsioni contrattuali fra traduttore e cliente, bisogna riferirsi alle norme generali del Paese il cui diritto prevale sul loro contratto, che va prima individuato analizzando nel dettaglio il singolo caso.
Quanto alle pretese risarcitorie del cliente, bisogna ricordare che al traduttore va sempre data, innanzitutto, la possibilità di rettificare l’errore. Le altre possibilità, dipendenti dalla gravità dell’errore stesso, sono la riduzione del prezzo (sconto sul compenso pattuito) o la risoluzione del contratto (ossia la restituzione del compenso al cliente, se già pagato, con restituzione della traduzione al traduttore, se tecnicamente sensata). Quest’ultima possibilità, di norma, è ammessa solo se la traduzione consegnata è effettivamente così malfatta da riuscire inservibile allo scopo a cui era destinata. Va anche detto che il cliente, in caso di risoluzione del contratto, non avrà più il diritto di utilizzare la traduzione che gli è stata consegnata, neppure in parte: non è più sua, perché il contratto fra traduttore e cliente si considera mai costituito.
In tutti questi casi e in aggiunta alle garanzie sopra dette, il cliente ha comunque diritto al risarcimento di un eventuale danno, che deve essere diretto, dimostrabile e causalmente connesso all’errore. Ciò significa che il cliente, se vuole ottenere anche il risarcimento di un danno, deve poter provare che tale danno non sarebbe emerso, se non ci fosse stato l’errore nella traduzione, non solo: il danno deve essere quantificabile sulla base di fatture o altri elementi oggettivi e deve essere conseguenza diretta della traduzione errata. E’ bene considerare che un errore apparentemente banale può bastare a causare un danno economico rilevante. Una parola sbagliata in copertina, ad esempio, può rendere necessaria la ristampa di un catalogo o di un manuale, attività che può facilmente far lievitare la pretesa risarcitoria nell’ordine delle migliaia o decine di migliaia di euro.
Come rispondere al cliente, quando contesta un errore? E’ necessaria massima prudenza con le parole, prestando attenzione, in particolare, a evitare ogni espressione che possa apparire come un intempestivo riconoscimento di colpa, almeno sino a quando non si sia ben chiarito il quadro delle proprie eventuali responsabilità e delle pretese risarcitorie della controparte. Riconoscere subito l’errore può essere un bel gesto sotto il profilo commerciale, ma è catastrofico sotto il profilo giuridico, poiché, una volta ammessa la colpa, diventerà difficilissimo o impossibile retrocedere.
La questione della contestazione degli errori porta con sé, inevitabilmente, quella dell’assicurazione di responsabilità civile: le polizze per traduttori non sono moltissime (prego i lettori di non chiedere nomi di compagnie, poiché non faccio segnalazioni specifiche). La scelta va ponderata in base alla tipologia di traduzioni che si svolgono, alla propria clientela e al proprio profilo di rischio, come qualunque altra attività professionale. Sui criteri di scelta della polizza segnalo questo >questo e >questo articolo, dedicati all’argomento.
In ogni caso, l’assicurazione, da sola, non basta. E’ necessario regolare correttamente sin da principio i rapporti con i clienti, allo scopo di prevenire i casi di contestazione e, se si verificano, avere risposte pronte da dare in un quadro chiaro. Buona norma è introdurre nel contratto che regola il rapporto una clausola che limiti il termine di contestazione e che lo leghi non al momento della scoperta del vizio, ma a quello della consegna. Ad esempio: «Il cliente ha l’onere di denunciare eventuali vizi palesi e occulti della traduzione entro 30 giorni dalla consegna.» Una clausola di questo tipo mette al riparo il traduttore da contestazioni che potrebbero pervenire dopo tempi lunghissimi (chi può dire, quando il cliente scoprirà eventuali errori?…). D’altra parte, dovrebbe indurre il cliente a eseguire subito un controllo dettagliato della traduzione, se sa che dopo il periodo di tempo indicato decade da ogni diritto di chiederne conto al traduttore.
E’ particolarmente importante avere l’abitudine di concordare con il proprio cliente le condizioni dell’incarico con un breve contratto scritto. Poche ma chiare clausole contrattuali bastano, a volte, a prevenire grossi problemi.
(Articolo pubblicato in originale il 24.6.2014, ripubblicato con aggiornamenti in 4.2.2019)
Federico Moncini says:
Ringrazio per le spiegazioni. Normalmente io richiedo un termine di 5 giorni per la revisione della traduzione dopo la consegna. Credo che un’agenzia sia in grado di stabilire alcuni criteri utili sulla buona riuscita dell’elaborato. Mi è successo, purtroppo, di accettare reclami anche dopo un mese e mezzo, perché ci sono stati problemi o incongruenze, che vorrei evitare. Le agenzie si prendono tutto il tempo che vogliono per la richiesta di rettifica, anche per parole o correzioni superficiali. Ma dove sono i loro revisori? Senza poi parlare dei pagamenti, che oltre ad essere ridicoli sono posticipati a secondo delle loro esigenze.
Michela says:
Buongiorno Luca,
A fine maggio ho affidato a una collega un lavoro che io non avevo tempo di fare, accettando il suo prezzo senza trattare nemmeno di un centesimo. Tale collega, oltre a consegnare con 2 giorni di ritardo, ha fornito una traduzione inservibile, che ho dovuto completamente rifare sia dal punto di vista grafico che dal punto di vista della traduzione, in quanto, pur essendo un contratto, conteneva errori di comprensione, di battitura, di valuta e addirittura di cifre! Google avrebbe fatto un lavoro migliore!
Ho contestato subito la traduzione pensando di poter ragionare con la collega e fare in modo che sistemasse gli errori, anche chiedendo al cliente una dilazione del termine di consegna, ma mi è stato risposto che non aveva tempo e che il testo era troppo difficile. Avendoglielo inviato in visione poteva non accettarlo, eppure ha deciso di farlo comunque millantando esperienze a dir poco inventate.
Il termine di pagamento stabilito era 60 giorni f.m., quindi fine luglio. Non ho mai ricevuto la sua fattura e pensavo che, essendosi resa conto del disastro consegnato e del tempo che ho dovuto perdere per rifare la traduzione, avesse deciso bene di non fatturarla, sebbene io non avessi mai detto di non voler pagare.
Oggi, a termini non ancora scaduti, mi scrive il suo avvocato, allegando una fattura senza indicazione di tempistiche di pagamento e contestando il mancato pagamento. Le sembra normale? Come posso procedere? Grazie!
F. says:
Buongiorno Luca,
Se un’agenzia di traduzione chiede un risarcimento (nei termini previsti ahimé dal contratto firmato), e il traduttore è assicurato, può negoziare un full and final settlement per impedire minacciati aumenti dei danni e poi chiedere il rimborso all’assicurazione? Oppure doveva passare tutto in mano all’assicurazione, che avrebbe trattato con il cliente? Questo è quello che mi sta dicendo il broker con cui ho concluso l’assicurazione di indennità professionale (suggerita dalla mia associazione professionae). Premetto che non mi era mai capitato di rivolgermi alle assicurazioni, neanche per l’automobile. Spero che accetterà questo messaggio se firmo con la sola iniziale. Le scriverò a parte con tutta la storia, che credo sia molto utile per i traduttori. Grazie.
Irina Radu says:
Buongiorno,
Ho trascritto per errore un codice numerico sulla traduzione. Il codice stesso non ha rilevanza per il territorio italiano, non è servibile, ma per rispettare l’atto originale lo avevo aggiunto. Come si può correggere dopo l’asseverazione?