Arrestato, fermato, citato… quando e dove?

Terminologia del diritto penale: arrestato, fermato
Recinzione | © Neonbrand

Il significato di quattro termini giuridici molto frequenti anche in testi non strettamente legali. Li usiamo nelle conversazioni abituali e li leggiamo sui giornali. Chiacchierando, confondere queste espressioni non causa gravi problemi. Nel tradurre testi giuridici o tecnici, particolarmente se destinati alla pubblicazione, un errore può avere serie conseguenze. Provengono sia dal diritto penale sia dal diritto civile.


Ecco quattro termini giuridici molto frequenti anche in testi non strettamente legali. Li si ritrova abitualmente negli articoli di giornale, nei servizi radiofonici e televisivi, li usiamo nelle conversazioni di tutti i giorni. «Dopo l’incidente hanno arrestato l’autista del bus», oppure: «Tizio ha chiamato in causa il vicino che non voleva risarcire il danno.» Chiacchierando fra amici, confondere queste espressioni non causa gravi problemi, ma, nel tradurre un atto giudiziario, oppure un testo tecnico o un articolo destinato alla pubblicazione, un errore può avere serie conseguenze.

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Distinguiamo intanto gli ambiti di utilizzo. Arresto e fermo sono espressioni relative al procedimento penale, mentre citare (o convenire) in giudizio e chiamare in causa appartengono al lessico della procedura civile. Benché le due coppie appaiano al loro interno quasi sinonimiche, indicano situazioni molto diverse.

Il fermo e l’arresto si distinguono fra loro per l’esistenza o meno della flagranza di reato. Arrestato è chi viene colto mentre commette un reato, oppure viene catturato nei momenti immediatamente successivi e porta segni evidenti di esserne l’autore. Fermato, invece, è colui che viene temporaneamente privato della libertà non perché colto sul fatto, ma perché «gravemente indiziato» di essere l’autore del reato, senza che sia possibile accertare che lo sia effettivamente, se non con ulteriori indagini. Entrambe le misure richiedono il successivo intervento di convalida del giudice competente.

Ne consegue che designare qualcuno come arrestato significa affermare che vi è certezza che egli è autore del reato, poiché, se è stato arrestato, vuol dire che è stato colto sul fatto o che la Polizia giudiziaria ha, sulla sua condotta, elementi certi che le hanno permesso di attuare questa misura. Il fermato, al contrario, si trova in una condizione meno pesante. Egli è gravemente indiziato di aver commesso il fatto. Per quanto gravi siano gli indizi a suo carico, però, solo il prosieguo dell’indagine e il successivo processo potranno precisare la sua posizione.

E’ bene ricordare che tradurre «Tizio è stato arrestato» anziché «Tizio è stato fermato» in un testo destinato, ad esempio, a essere pubblicato su un quotidiano, può essere sufficiente a comportare per il direttore del giornale una querela per diffamazione, per le più gravi conseguenze che la condizione di arrestato comporta sulla reputazione dell’interessato. Bisogna prestare attenzione anche all’esattezza del testo d’origine: non è di molta consolazione, se si verifica uno di questi casi, scusarsi dicendo: «Ho tradotto ciò che c’era scritto nella lingua di partenza.» Non di rado, infatti, questi termini vengono utilizzati in modo impreciso anche dagli autori dei testi da tradurre (a meno che non si tratti di atti processuali, naturalmente).

In caso di dubbio, di fronte a espressioni che possono avere conseguenze così pesanti, il traduttore darà dimostrazione di professionalità verificando la fattispecie, prima di scegliere l’espressione corretta, indipendentemente da ciò che legge nel testo d’origine. A volte è sufficiente analizzare con cura i fatti, per capire da soli se è verosimile che qualcuno sia stato arrestato o semplicemente fermato. In altri casi può essere necessario chiarire le circostanze in contatto con il cliente o con altri soggetti coinvolti, ricordando che le regole che distinguono il fermo dall’arresto possono differire per vari dettagli da Paese a Paese. Di questa differenza si dovrà tenere conto anche nella scelta della terminologia da utilizzare.

In >questo articolo si trovano invece le differenze all’interno dell’altra coppia di sinonimi apparenti, appartenente all’ambito civilistico: citare in giudizio e chiamare in causa.

(Articolo pubblicato in originale il 2.12.2013, ripubblicato con aggiornamenti il 4.6.2019)

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3 risposte

  1. Buongiorno Luca,
    Colgo l’occasione per fare una domanda legata a questo tema. Chi, come me, traduce narrativa incappa spesso – soprattutto in inglese, ma ultimamente mi è capitato anche in un romanzo portoghese – in quello che nei film polizieschi americani viene quasi sempre reso con “il sospettato”. È corretta questa traduzione in italiano e qual è la differenza rispetto a “indiziato”? Molte grazie

    1. Buongiorno Paola. Tra sospettato e indiziato vi è notevole differenza. «Sospettato,» di rigore, non è neppure una categoria strettamente giuridica. Si riferisce a una serie di elementi generici, ambientali o comportamentali, che fanno ritenere che una persona o una cerchia di persone potrebbe essere autrice di un reato, in assenza però di qualunque elemento concreto sulla sua condotta. Un «indizio,» al contrario, definito anche «prova critica,» è un fatto o «circostanza indiziante» di varia gravità, di cui si è certi e che attraverso l’applicazione di leggi scientifiche o massime d’esperienza, seguendo determinate regole di valutazione, può permettere di provare la colpevolezza dell’indiziato. Purtroppo non è questa la sede per approfondire un argomento esteso e molto avvincente, ma si può senz’altro affermare che i termini «sospettato» e «indiziato» non possono essere usati come sinonimi. La posizione di un «indiziato» è più grave di quella di un «sospettato.» Cordiali saluti.

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