Si diffonde l’idea che le tesi sulla guerra in Ucraina di alcuni giornalisti e docenti sarebbero corrette, perché nessuno le contrasta. Ciò autorizzerebbe a sostenere che la guerra sia causata dalla NATO, che si debba cedere a Vladimir Putin, che i massacri di Buča e Borodjanka siano inscenati a fini politici, e molto altro. Il grado di scientificità di queste tesi è pari a quello degli argomenti di chi afferma che la Terra sarebbe piatta.
Le tesi sostenute da taluni commentatori, particolarmente nei dibattiti televisivi serali in Italia, sono prive di fondamento. Vi è chi prova a confutarle, ma non ottiene risultati. Il motivo è che una tesi, anche se falsa, deve fondarsi su almeno tre presupposti.
a) Fatti e prove consolidati. Coloro che sostengono tesi falsificate sono docenti, giornalisti o esperti, ma in campi diversi dalle relazioni internazionali. Anche quelli che hanno competenza nel settore rivelano di non conoscere lo scenario specifico di questo conflitto. Essere cronisti di guerra, scrivere su una rivista specializzata, insegnare altre materie, anche affini, non offre elementi per analizzare un certo scenario, se non lo si conosce o se si è passata la vita abbeverandosi ai proclami di un partito. Così, le tesi vengono costruite su fatti ed elementi probatori ideologici o di pura fantasia.
b) Argomentazione logica. Una tesi deve essere formulata secondo una logica che porti a un giudizio solido. Poiché si basa su un quadro fattuale falso, chi sostiene le tesi sopra dette è costretto a falsificare anche il ragionamento, semplificandolo sino alla banalità. Questo, così, appare veritiero e comunica agli ascoltatori una percezione di verità che li conferma nella falsa convinzione. Rimuovere questa autosuggestione è generalmente impossibile.
c) Agire in buona fede. Chi, in TV o altri media, sostiene tesi falsificate sulla guerra, è poco interessato alla conoscenza dei fatti. Può essere spinto da ideologia, vanità e, in taluni casi, da interesse economico. E’ inutile confutare una tesi falsa, se chi la rappresenta è in malafede: anche di fronte all’evidenza, sostituirà una tesi falsa con un’altra altrettanto fallace, per salvare la propria posizione e i propri interessi.
Smentire una tesi falsa presuppone che il suo autore ricerchi in buona fede la verità, riconosca i propri errori e accetti di apprendere ciò che non sa. La presunzione gli impedisce però di ammettere la propria incompetenza e, d’altra parte, avrebbe bisogno di un tempo lunghissimo, per apprendere gli elementi necessari a convincersi del proprio errore.
Una tesi falsa resta tale anche se non viene confutata. Le tesi false sulla guerra in Ucraina non vengono contrastate perché talmente fantasiose o ideologiche da escludere a priori un dibattito scientifico. Per evitare il loro moltiplicarsi, si dovrebbe togliere la parola a chi le diffonde.
Escludere dal dibattito i propalatori di tesi manifestamente infondate e in malafede dovrebbe essere un principio essenziale del giornalismo e dell’accademia. Nulla rileva, in tal caso, il diritto alla libera espressione.
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