Versamento degli oneri sociali e clienti

Banconote | © Niels Steeman
Banconote | © Niels Steeman

Un’agenzia di traduzioni estera chiede a un traduttore di documentare il versamento dei contributi pensionistici e delle imposte come lavoratore autonomo. Perché è interessata a queste informazioni? Il traduttore è tenuto a fornire la documentazione? In caso di rifiuto, quali sono le conseguenze? Le risposte a un quesito che a prima vista sembra inspiegabile, per un libero professionista.


In molti Paesi è particolarmente sentito il problema dei «falsi indipendenti» (oppure, come si preferisce dire in Italia, delle «false partite IVA»). Il problema ha due volti: da una parte, le persone che lavorano in proprio saltuariamente o per piccoli redditi e non hanno una posizione contributiva e fiscale; dall’altra, gli indipendenti (o «autonomi») che hanno una posizione IVA e l’iscrizione al rispettivo ente previdenziale, ma lavorano esclusivamente o quasi per un solo committente; addirittura si recano nei locali del cliente, dove assumono un ruolo all’interno dell’organizzazione aziendale del cliente, dove rispettano disposizioni organizzative e orari di lavoro, come qualunque lavoratore subordinato.

Vi sono professionisti indipendenti che vogliono effettivamente essere tali anche se lavorano con uno solo o pochissimi clienti. Desiderano amministrare la propria attività con più libertà, seppur con maggior rischio. Vi sono anche aziende, però, che abusano del «finto» status di «indipendente» o «autonomo» per impiegare persone che operano di fatto come lavoratori subordinati. Pur essendo de jure dei committenti, tali clienti sono de facto dei datori di lavoro, che con questa simulazione si sottraggono agli obblighi giuridici e amministrativi che gli ordinamenti di ogni Paese pongono a carico di chi assume lavoratori subordinati.

Per questa ragione, un po’ ovunque, sono previste pesanti sanzioni (oltre al pagamento degli arretrati fiscali e contributivi dovuti caso per caso) a carico di chi impiega collaboratori esterni indipendenti, ma li fa operare di fatto come lavoratori subordinati. A maggior ragione, tali norme valgono per chi si avvale di collaboratori che neppure sono iscritti agli enti previdenziali.

Spesso si crede che queste normative abbiano conseguenze solo entro i confini nazionali. Al contrario: anche nei rapporti internazionali, un’azienda committente può essere condannata ad «assumere» un collaboratore esterno residente in un altro Stato, e a versare i rispettivi contributi nel Paese estero, laddove si accerti che tale collaboratore non è in realtà un prestatore d’opera autonomo, ma svolge di fatto mansioni integrate nell’organizzazione aziendale, come un lavoratore subordinato a domicilio. E’ il caso di quelle aziende che ingaggiano consulenti, venditori o agenti di commercio all’estero senza indagare sul loro reale status di indipendenti e sul modo in cui svolgono la loro attività.

Se è vero che molti committenti abusano dei rapporti con i collaboratori esterni come «false partite IVA,» purtroppo non è meno vero che vi sono finti «professionisti» che iniziano un rapporto di collaborazione indipendente con un’azienda, presentandosi, a parole, come lavoratori autonomi, ma poi intentano cause per richiedere al loro committente un’assunzione come subordinati. Soprattutto nei rapporti internazionali, ciò comporta gravi oneri aggiuntivi per il committente. Oltre al pagamento di sanzioni, oneri e tributi arretrati (che il collaboratore avrebbe dovuto pagare in proprio), il committente deve ottenere una soggettività giuridica nel Paese interessato, di solito costituendovi una stabile organizzazione, con numerosi aggravi di costo.

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Per questa ragione, molte agenzie di traduzione chiedono documentazione del fatto che un traduttore sia iscritto agli enti di previdenza e ai ruoli fiscali del suo Paese e versi effettivamente le imposte e i contributi previsti. Per un committente, questo non è l’unico criterio per tutelarsi da eventuali «falsi indipendenti:» a seconda dei diversi ordinamenti nazionali, l’amministrazione valuta anche il volume d’affari realizzato e la sua composizione, il modo di conferire gli incarichi, le modalità di regolamentazione degli orari e dei periodi di vacanza, etc. Avere la certezza che il traduttore è iscritto agli enti contributivi del Paese di residenza, però, dal punto di vista del cliente, costituisce già un buon mezzo di prova per dimostrare che il traduttore in questione è effettivamente un professionista indipendente, sia in caso di possibili controlli delle autorità del suo Paese sia per tutelarsi di fronte a eventuali pretese del collaboratore.

Se un’agenzia richiede al traduttore la rispettiva documentazione, è senz’altro bene fornirla. Di solito ciò è possibile inviando semplicemente la copia del tesserino di iscrizione o della conferma emessa dall’ente previdenziale o erariale, a dipendenza del Paese, senza necessità di fornire dati sul reddito o altre informazioni personali.

Più complicata è la condizione di coloro che lavorano pur legalmente, ma senza alcuna iscrizione. In Svizzera è possibile lavorare come autonomi sino a soglie di reddito piuttosto elevate, senza alcun obbligo di aprire un numero IVA o di iscriversi al Registro di commercio: in questi casi, si può utilizzare allo scopo l’iscrizione previdenziale AVS. In Italia, invece, presso i traduttori principianti o che lavorano saltuariamente è piuttosto diffuso il regime delle cosiddette «notule per prestazioni occasionali» con ritenuta d’acconto. Coloro che operano in questo regime e non superano una determinata soglia di reddito annuo solitamente non sono nemmeno iscritti all’ente previdenziale italiano di competenza (INPS). Spiegare a un committente estero le ragioni dell’esenzione può non essere facile, ancor meno lo sarà convincerlo.

In tutti i Paesi, le autorità mantengono alta la vigilanza sugli abusi contributivi connessi alle libere professioni. E’ comprensibile che i committenti vogliano essere certi della posizione dei traduttori ai quali affidano i lavori.

(Articolo pubblicato in originale il 6.6.2012, ripubblicato con aggiornamenti il 26.2.2019)

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Luca Lovisolo

Lavoro come ricercatore indipendente in diritto e relazioni internazionali. Il mio corso «Capire l'attualità internazionale» accompagna chi desidera comprendere meglio i fatti del mondo. Con il corso «Il diritto per tradurre» comunico le competenze giuridiche necessarie per tradurre testi legali da o verso la lingua italiana.

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    Lavoro come ricercatore indipendente in diritto e relazioni internazionali. Con le mie analisi e i miei corsi accompagno a comprendere l'attualità globale chi vive e lavora in contesti internazionali.

    Tengo corsi di traduzione giuridica rivolti a chi traduce, da o verso la lingua italiana, i testi legali utilizzati nelle relazioni internazionali fra persone, imprese e organi di giustizia.

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