La presentazione del libro «Il franco svizzero: la storia di un successo» ha offerto un’interessante sintesi di temi monetari molto attuali. L’autore dello studio è un docente e appassionato studioso delle vicende monetarie svizzere. Presente anche il Presidente del Direttorio della Banca nazionale elvetica. Temi di politica monetaria che oggi riguardano la vita di tutti, oltre i confini nazionali.
Si è tenuta nelle scorse settimane, nell’Aula magna dell’Università della Svizzera italiana, a Lugano, la presentazione del libro «Il franco svizzero: la storia di un successo,» pubblicato in versione italiana dalle Edizioni Fontana. Si è trattato, in realtà, di molto di più della presentazione di un libro. Si è assistito a un’interessante sintesi di temi monetari molto attuali, nell’agitato contesto internazionale che stiamo vivendo.
L’autore dell’opera, Ernst Baltensperger, è un appassionato studioso delle vicende monetarie svizzere. Laureatosi in economia pubblica nel suo Paese, è stato a lungo docente universitario negli Stati uniti. E’ poi tornato in Svizzera, dove è stato nuovamente in cattedra e ha svolto consulenze per la Banca nazionale. E’ dottore honoris causa della Facoltà di scienze economiche di Basilea. Sa spiegare in modo accessibile i temi complessi di politica monetaria che oggi riguardano la vita di tutti noi, anche oltre le frontiere nazionali. La serata, durata quasi due ore, è trascorsa tutta d’un fiato. Presente anche Thomas Jordan, Presidente del Direttorio della Banca nazionale svizzera. Ha moderato l’incontro il giornalista Luca Fasani.
Baltensperger ha tracciato una sintesi delle caratteristiche che contraddistinguono il franco svizzero, rispetto ad altre valute europee e mondiali. La valuta svizzera non subisce riforme da ben 170 anni, cioè da quando è nata, a differenza di quanto accaduto in quasi tutti gli altri Paesi continentali, in questo lasso di tempo, a causa dei conflitti armati e delle crisi economiche del Novecento. Il maggior fattore di successo per il franco svizzero è la stabilità: lo dimostra, ha ricordato Baltensperger, la resistenza del franco durante la crisi degli anni Venti. La stabilità monetaria è strettamente legata a quella politica: il successo del franco è un’espressione della riuscita della Svizzera federale, tracciata dalla Costituzione del 1848, e della sua neutralità, che ha tenuto lontano dalla Confederazione le conseguenze dirette dei gravi conflitti del secolo scorso.
Il dotto autore ha lanciato un messaggio che dovrebbe essere ascoltato da molti, soprattutto nella vicina Italia, ma ovunque si vagheggi il ritorno a valute nazionali per attuare politiche di svalutazione competitiva. La svalutazione, ha sottolineato Baltensperger, non è mai una buona cosa: da una parte, all’apparenza, può facilitare l’accesso ai mercati, dall’altra, però, causa l’aumento dell’inflazione e dei prezzi dei beni importati. Un’argomentazione tanto semplice, quanto ignorata dai tanti predicatori di sventure macroeconomiche che popolano il l’Europa e il mondo di oggi.
Il cammino del franco non è stato privo di difficoltà. Anche i nostri giorni presentano sfide, alla valuta di un Paese di piccole dimensioni, proporzionalmente ai commerci globali. Fino alla Prima guerra mondiale, il franco svizzero era legato al franco francese: proprio la Grande guerra comportò una prima cesura storica, rispetto al legame con la valuta di un Paese più grande. Non rimase senza critiche l’azione della Banca nazionale svizzera di allora, che immise forti quantità di liquidità e generò così una pesante inflazione, pur giustificata dalla straordinarietà degli eventi internazionali. Fu proprio al termine del conflitto, che la Svizzera, per riportare il rincaro sotto controllo, divenne pioniere delle politiche di riduzione dell’inflazione attraverso la regolazione della liquidità immessa.
Dopo le Guerre mondali, il franco cominciò a imporsi come valuta rifugio: fu la seconda cesura, nel legame con le altre monete europee. Un’altra fase particolarmente delicata arrivò nei primi anni Settanta, alla fine del sistema a cambi fissi di Bretton Woods. Le banche nazionali si trovarono a governare un sistema che aveva perso il suo cardine di riferimento globale. Dovettero apprendere a graduare l’intervento monetario, in un mondo che si affacciava, per la prima volta nella storia, a una sempre più stretta interdipendenza economica e valutaria. Sullo sfondo, c’era il ruolo sempre più determinante, anche sul piano monetario, di una materia prima come il petrolio.
La Storia non si ripete mai esattamente uguale, ha ricordato Baltensperger, ma vi sono aspetti che ritornano periodicamente: il dilemma tra cambi fissi e variabili, la misura alla quale limitare l’intervento della banca centrale a sostegno dell’economia, a cui si accompagna la questione dell’indipendenza delle banche nazionali dal potere politico. Il principio d’indipendenza è più recente di quanto si creda, ha ricordato l’autore, ma si è dimostrato vincente. Indipendenza, ha sottolineato, non significa però smarrire ogni legame con la realtà politico-economica. Oggi, le banche centrali sono confrontate a sfide ancora più ampie, ad esempio nella gestione del traffico dei pagamenti, sempre più complesso e tecnologicamente delicato.
Numerosi e interessanti i quesiti giunti dalla sala, allo stesso Baltensperger e a Thomas Jordan. In particolare, sui rapporti con l’euro e con la Banca centrale europea, l’autore del libro e il governatore della Banca nazionale elvetica hanno ricordato che il franco è, di certo, strettamente dipendente dall’euro, ma mantiene piccoli spazi di libertà che aiutano a controllare l’inflazione.
Baltensperger ritiene che la Svizzera manterrà ancora a lungo la sua autonomia monetaria, rispetto alla confinante Unione europea. Ciò che manca ancora all’euro, a suo giudizio, per avviarsi sullo stesso cammino di successo del franco svizzero, è un quadro politico stabile e ben definito. Anche in Svizzera, però, non lo si costruì in due giorni. Il principale vulnus che l’unione monetaria europea deve superare, ha sottolineato Baltensperger, è la separazione fra sovranità monetaria, che è centralizzata, e sovranità fiscale, che resta ancora affidata ai singoli Stati .
L’autore ha distrutto con poche battute coloro che definiscono l’euro una prigione o una camicia di forza per i Paesi che lo adottano: è inevitabile, ha detto Baltensperger, che una valuta unica per Stati diversi generi tensioni politiche, ma non si può certo parlare di costrizioni: i Paesi dell’area euro hanno adottato la valuta comune volontariamente e l’euro, da parte sua, sebbene sia una moneta molto giovane, si sta dimostrando estremamente stabile. La stessa Svizzera ha interesse che lo sviluppo dei Paesi dell’Unione europea sia solido: la Confederazione, infatti, nonostante l’elevato grado di internazionalizzazione della sua economia sullo scenario mondiale, conserva proprio nell’Ue i suoi partner commerciali e politici maggiori. Una visione realistica della realtà svizzera, che contrasta le correnti di orientamento autarchico che non mancano di far sentire la loro voce, a Berna.
La versione italiana del libro «Il franco svizzero: la storia di un successo» è stata voluta e finanziata dalla Banca nazionale svizzera, per sottolineare la volontà di farsi presente in tutte le regioni linguistiche del Paese. Efficace la moderazione del dibattito, pubblico numeroso e attento, molti i giovani universitari. Al termine, applausi e aperitivo per tutti.