Quando finisce davvero l’Unione sovietica? I notiziari citano la data del 21 dicembre 1991. Le date determinanti, da punti di vista diversi, sono almeno tre. La fine politica dell’Unione deve essere distinta da quella giuridica. La distinzione non è un puntiglio per gli storici: permette di capire il ruolo delle singole repubbliche e dei loro leader. I fatti chiave si svolgono tra l’agosto e il dicembre 1991.
Qualche notiziario ricorderà la data di oggi, 21 dicembre 2021, come trentesimo anniversario della fine dell’Unione sovietica. Nella Storia accade che si assumano delle date convenzionali per fissare eventi complessi: se vogliamo accettare il 21 dicembre come data simbolo della fine dell’Unione sovietica, facciamolo pure, ma ricordiamo come andarono le cose.
Uno Stato non si dissolve in un passo. Ciò vale a maggior ragione per una federazione di 15 repubbliche dalla storia alquanto originale, qual era l’Unione sovietica.
Le date della sua fine furono almeno tre: una fine politica, una fine giuridico-materiale e una giuridico-formale. Distinguerle non è puntiglio accademico, permette di capire molte cose. Ripercorriamo le tappe in tre brevi punti.
Quando finisce l’Unione sovietica: la dissoluzione politica
La data della dissoluzione politica dell’Unione sovietica è il 19 agosto 1991, giorno d’inizio del colpo di Stato organizzato dal Comitato statale per la situazione di emergenza, divenuto tristemente celebre in russo con la sigla GKČP (ГКЧП – Государственный комитет по чрезвычайному положению). Il golpe si volge contro il primo e ultimo presidente dell’Unione sovietica, Michail Sergeevič Gorbačëv, mentre si trova in Crimea per alcuni giorni di riposo.
La rivolta fallisce e Gorbačëv torna al potere pochi giorni dopo. Se si studiano gli eventi e si ascoltano i protagonisti di allora, si apprende però che l’Unione sovietica, da quel momento, finisce di esistere nei fatti, anche se continua a vivere sulla carta. Gorbačëv non comanda più nulla, se non formalmente. La situazione è ormai in pugno ai dirigenti delle singole repubbliche, chi più chi meno. Tra di essi si distingue per attivismo Boris Nikolaevič El’cin, appena eletto a capo della Russia, che è ancora una repubblica socialista sovietica.
Anche gli umori della popolazione mutano. Il referendum tenutosi alcuni mesi prima in 9 repubbliche aveva confermato la volontà dei votanti di conservare l’Unione. Il colpo di Stato di agosto, però, porta i carri armati dell’esercito sovietico per le strade di Mosca e l’atmosfera cambia.
La fine giuridico-materiale dell’Unione sovietica
La data della dissoluzione giuridico-materiale dell’Unione sovietica è l’8 dicembre 1991. In tal giorno, in Bielorussia, i tre leader di Russia, Ucraina e Bielorussia, affiancati dai loro rispettivi capi di governo, decidono la fondazione della Comunità degli Stati indipendenti (>CSI). Nel preambolo del trattato che costituisce la CSI si legge: «L’Unione sovietica, come realtà geopolitica e soggetto del diritto internazionale, cessa di esistere.»
Non è ancora la fine formale dell’Unione sovietica, ma è la sua fine materiale. Le repubbliche sovietiche erano 15. A dichiarare la fine dell’Unione sono tre, ma sono quelle decisive, negli equilibri interni. Senza Russia, Ucraina e Bielorussia, l’Unione sovietica è materialmente incapace di agire. Si è soliti criticare questo passo, compiuto dai vertici delle tre repubbliche. Li si accusa di bramosia di potere, persino di aver deciso la fine dell’Unione sovietica tra i fumi dell’alcol.
Se si leggono i documenti e si studiano le circostanze, si deve prendere atto che la costituzione della Comunità degli Stati indipendenti, in quel frangente storico, è un passo obbligato. E’ ormai chiaro per tutti che la riforma dell’Unione sovietica progettata da Gorbačëv non andrà in porto. La fondazione della CSI risponde al vuoto di potere emerso dopo il colpo di Stato, di cui abbiamo appena detto. Dal mese di agosto Gorbačëv siede nel suo ufficio, ma il suo potere reale e la sua reputazione sono prossimi allo zero.
Chi comanda le forze armate? Chi prende decisioni, in caso di altre emergenze? Quale autorità delibera sugli affari dell’Unione, su come gestire i rifornimenti di gas e petrolio, di cui alcune repubbliche scarseggiano per l’inverno? La fondazione della Comunità degli Stati indipendenti fornisce il quadro politico-giuridico necessario per uscire da questa drammatica impasse.
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La fine formale dell’URSS e perché anche il 21 dicembre è data storica
La data della fine giuridico-formale dell’Unione sovietica è il 26 dicembre 1991. In questa data, il Soviet supremo, massimo organo collegiale dell’Unione, afferma con una dichiarazione ufficiale che l’Unione sovietica è disciolta. La sera del giorno precedente, era Natale in Occidente, Michail Gorbačëv aveva dato le dimissioni dalla carica di presidente, congedandosi dalla popolazione sovietica con un discorso di addio trasmesso in diretta televisiva.
Anche il 21 dicembre 1991 si annota come data storica, perché è il giorno in cui altre nove repubbliche sovietiche aderiscono alla Comunità degli Stati indipendenti fondata da Russia, Ucraina e Bielorussia due settimane prima. 12 repubbliche sovietiche su 15 accettano così la dissoluzione dell’URSS e la nascita della nuova entità. Restano fuori per sempre le tre repubbliche baltiche di Lituania, Lettonia ed Estonia, che erano state costrette ad aderire all’Unione sovietica nel 1939 per effetto del patto Molotov-Ribbentrop, da esse mai riconosciuto come legittimo. Oggi fanno parte dell’Unione europea.
Per una bizzarria del calendario, quest’anno 2021 cade il trentesimo anniversario della fine dell’Unione sovietica e il prossimo anno 2022 sarà il centesimo anniversario della sua fondazione. Anche per questo motivo, da gennaio dedicherò ancora più spazio sul mio blog ai fatti intorno all’inizio e allo scioglimento dell’URSS, che resta il mio campo di studio d’elezione. Una vicenda, quella dell’Unione sovietica, che ci riguarda tutti, oggi più che mai, anche se coloro che hanno meno di trent’anni ne hanno sentito parlare poco.
Nel frattempo, un cordiale augurio di buone feste alle lettrici e ai lettori, con un grazie per l’attenzione riservatami anche quest’anno.
Fausto ha detto:
Salve Luca e Buon Anno.
Sono ansioso di leggere le sue ulteriori considerazioni sulla fine dell’Urss. La mia idea, che mi feci già all’epoca, è che il golpe fu una farsa finalizzata allo scioglimento dell’Unione, co-organizzata da colui che ne fu il beneficiario principale come presidente della repubblica più grande (che possiamo considerare erede dell’Urss), che aveva vecchi rancori contro Gorbaciov e, se non sbaglio, era reduce da un viaggio (o più di uno) negli Stati Uniti.
Se il golpe fosse stato serio, dubito che Eltsin (adotto la traslitterazione più comune) avrebbe potuto salire così facilmente su un carro armato, spacciandosi per difensore della democrazia (e poi cannoneggiare tempo dopo la Casa Bianca moscovita). Trovai sospetto anche il breve cartone animato di dileggio dei golpisti, pro-Eltsin e terminante con il tricolore russo sventolante che, a detta di Tmc che lo trasmise, era stato realizzato di getto in una notte…!
E poi, cosa c’entrava lo scioglimento dell’Urss con il fallito golpe? Le cose avrebbero potuto tornare com’erano, magari con la sola destituzione di Gorbaciov.
La mia visione è forse errata, senz’altro semplicistica, per cui attendo i suoi prossimi interventi. Un caro saluto
Luca Lovisolo ha detto:
Buongiorno Fausto,
I contrasti tra El’cin e Gorbačëv erano reali e molto forti. In quelle ore il rischio che l’esercito e il Comitato per la situazione di emergenza prendessero la mano era concreto, il ruolo di El’cin non si può semplificare in poche battute. Non era solo, peraltro, a gestire la situazione. Dopo il fallito golpe non era possibile tornare indietro, perché proprio il golpe aveva azzerato la credibilità delle istituzioni dell’Unione, non solo quella personale di Gorbačëv. Tutti i testimoni diretti di quella fase ricordano che dopo il colpo di Stato nessuna autorità dell’Unione aveva più potere effettivo, anche le forze armate non si sapeva come avrebbero agito, dopo aver visto i carri armati nelle strade. La fondazione della CSI, a dicembre, servì a colmare questo vuoto, e l’allora Capo di stato maggiore delle forze armate Šapošnikov fu tra i primissimi a esserne informato dai diretti protagonisti. Non si può semplificare, furono giorni e mesi di enorme tensione e incertezza, in cui avvennero fatti in gran parte senza precedenti storici e in un quadro giuridico inedito. Per questo, ci tornerò più in dettaglio. Cordiali saluti e auguri anche a Lei. LL