Perché l’Italia pensa che l’Europa non la aiuti

I media italiani e il Coronavirus: Europa, Cina e Russia
Ragazza brucia un giornale | © Irina Vinichenko

In Italia è diffusissima la convinzione che l’Unione europea non stia aiutando. Che gli unici a farlo siano Cina, Russia e Cuba. Com’è possibile che tanti italiani siano convinti di un dato che non ha alcun riscontro? Le due cause di questo scollamento. Le origini della disinformazione si conoscono benissimo. Cosa significa, per un Paese, non avere un sistema d’informazione fondato sui criteri del giornalismo professionale.


In Italia impera la falsa convinzione che l’Unione europea non stia aiutando la Penisola, che non vi sia solidarietà dagli altri Stati membri e addirittura che gli italiani siano considerati «untori» del Continente. L’Italia sembra convinta che gli unici a sostenerla siano la Cina, la Russia e ultimamente Cuba. Vediamo il perché.

Ho già spiegato in parte perché questa convinzione è errata e dirò di più nei prossimi giorni sui provvedimenti economici europei. E’ vero che si sono registrate sottrazioni di materiale alle dogane, dovute a malviventi dotati di inaudite somme di contante, e anche da parte di organi di Stato. E’ accaduto e ancora accadrà, perché le situazioni eccezionali mettono in moto anche gli animi peggiori.

Bisogna distinguere, però, singoli episodi, per quanto gravi, dall’atteggiamento generale. Lo stesso vale per la comunicazione. Seguo ogni giorno i media di molti Paesi europei. Non ho mai sentito parlare di italiani untori, di disprezzo o disdegno per l’Italia. Che poi ci siano singoli che fanno o dicono scemenze, fa parte delle storture dell’umanità: anche in Italia, all’inizio della pandemia, si mandavano deserti senza motivo ristoranti e negozi cinesi, qualche cinese è finito pure malmenato. Bisogna tenere distinti gli atti individuali dalla realtà, che si fonda su dati di validità generale, non sulla schizofrenia dei singoli. Com’è possibile, allora, che tanti italiani, forse una maggioranza molto pronunciata, siano convinti di dati senza alcun riscontro e vi insistano con la testardaggine di un mulo?

Sono successe due cose: la prima

La prima è che l’attività delle fonti di informazione falsificate provenienti da Russia e Cina, attraverso Twitter e Facebook, è esplosa, in questi giorni. Una relazione pubblicata il 16 marzo sul sito della Divisione per la comunicazione strategica e l’analisi dell’informazione dell’Unione europea (>qui) prova che da profili extraeuropei partono a ripetizione messaggi nelle principali lingue del nostro continente con due finalità: convincere che il nuovo Coronavirus è frutto di ricerche di laboratorio negli Stati uniti, anziché essere sorto in Cina, come invece è dimostrato dalla scienza medica; confondere la popolazione diffondendo la convinzione che le autorità europee non siano in grado di affrontare il contagio e che i Paesi autoritari abbiano le soluzioni migliori.

Si tratta di milioni di post lanciati e rilanciati, moltiplicati su gruppi e pagine ad hoc. Sono gli stessi che agivano, ad esempio, per fomentare la confusione durante le proteste dei Gilet gialli in Francia, per orientare il referendum sulla Brexit nel Regno unito o affiancare le pretese degli indipendentisti catalani. La propaganda cinese, in queste ore, ha assunto gli stessi toni e gli stessi metodi. Fantasie? No. Si sa benissimo da dove partono questi messaggi, quali sono i profili e indirizzi IP che vengono utilizzati allo scopo. Una delle sorgenti maggiormente indiziate da cui partono? La Agenzia di ricerche in Internet (Агентство интернет-исследований) di San Pietroburgo, Ulica [via] Optikova 4. No, non è una «rivelazione:» lo sanno tutti, la stessa agenzia non si preoccupa neppure di nascondersi. Sa benissimo che limitazioni tecnico-giuridiche e una ancora insufficiente consapevolezza del problema impediscono al resto del mondo di fermarla.

Taluni opporranno: «Ma io non ho mai letto sul mio profilo Facebook un messaggio di propaganda russa o cinese.» Invece sì. Uno di questi messaggi mi è stato segnalato proprio da una lettrice, colta da un dubbio, dopo averlo visto circolare sulla bacheca di un altro utente, che lo aveva condiviso in buona fede. Non si tratta di persone ignoranti o sbadate. La finalità del testo è manifestamente falsificatoria: eppure, contiene dati storici per sé anche esatti, è formulato in modo credibile e rassicurante. Chi lo legge senza precauzioni arriva a questa conclusione: il posto dell’Italia non è in Europa, ma a fianco della Cina. Milioni di persone hanno visto quel testo e altri simili. Ne hanno derivato, senza neppure accorgersene, come da un messaggio subliminale, la stessa convinzione. La fonte primaria del post non è precisata: questo è stato il primo elemento che mi ha insospettito; per riconoscere la tecnica di scrittura tipica dei falsi, poi, non mi ci è voluto molto. Quanti, però, sanno che un testo così si butta via subito e non si diffonde? E quand’anche la fonte fosse indicata, deve essere credibile, non un qualunque «Istituto di ricerca Tarapia Tapioco» che dice quel che vuole.

L’effetto che si osserva in questi giorni è simile a quello denunciato l’anno scorso dalla giornalista inglese Carole Cadwalladr, in una sua inchiesta sulla vittoria della Brexit nel referendum del 2016. Intervistando chi aveva votato a favore, si accorse che moltissimi elettori riferivano convinzioni di pura fantasia. Gli abitanti di intere regioni erano convinti che restare nell’Ue avrebbe causato la chiusura di fabbriche, la fine di contributi pubblici, la vendita di stabilimenti a gruppi industriali turchi. Nessuno di questi dati era vero. Chiedendo dove i cittadini avessero letto tali falsità, la Cadwalladr riceveva sempre la stessa risposta: «l’ho letto su Facebook.» Oggi, con il Coronavirus, il quadro è lo stesso.

La seconda ragione è tutta italiana

L'Italia vista dalla Svizzera nei sei mesi più delicati della sua storia recente
«L’Italia vista da fuori» – Il libro di Luca Lovisolo sull’Italia

La seconda ragione di questo stato di cose è specifica italiana. E’ la mancanza, nella Penisola, di un sistema di informazione fondato sui criteri del giornalismo professionale. Citerò un esempio su tutti: la lettera di solidarietà del Presidente della Repubblica federale tedesca inviata nei giorni scorsi al capo dello Stato italiano, che ho anche riportato sul mio profilo Facebook e che ha accompagnato gli aiuti tedeschi all’Italia, è stata ignorata dai media o confinata in commenti di terz’ordine, benché si trattasse di un gesto fortissimo. Se i media italiani avessero seriamente voluto contrastare la narrazione imperante sull’inadeguatezza dell’Europa, avrebbero avuto, nella lettera del presidente tedesco, un’occasione d’oro. Non l’hanno colta.

Si assiste invece a elogi continui del miglioramento della situazione in Cina, in servizi affidati a una giornalista che sino a pochi mesi fa si occupava di Stati uniti e non sembra neppure parlare cinese, dalle informazioni disponibili. Nei giorni scorsi, la RAI ha trasmesso più volte un servizio sulla situazione del Coronavirus in Russia: non so cosa m’abbia trattenuto dal tirare una scarpa nel televisore, al sentirlo. L’inviato RAI a Mosca ha lungamente intervistato la direttrice della sede russa dell’Organizzazione mondiale della sanità: questa ha riferito di un panorama idilliaco, dove il contagio viene prevenuto grazie ad avveniristiche applicazioni informatiche, si eseguono controlli nei modi dovuti, la popolazione rispetta le disposizioni. Stanno tutti bene e nessuno nasconde niente.

Anche un bambino sa che i rappresentanti delle istituzioni internazionali, nei Paesi autoritari, non possono far altro che sostenere la tesi del governo, altrimenti vengono cacciati. Esistono fonti più libere, in Russia, tra cui il quotidiano Novaja Gazeta, Meduza o la radio Eco di Mosca: faticano a restare in piedi, ma resistono, alcune operano da fuori del Paese. Riferiscono di una situazione ben diversa, da quella descritta dai media ufficiali, ma il giornalista italiano non le ha neppure citate. E’ possibile che il quadro dipinto dal pomposo servizio valga per le grandi città, ma nella sterminata provincia russa il sistema sanitario è al collasso da anni, i medici specialisti se ne vanno perché gli stipendi non sono più sufficienti, la popolazione vede chiudere un ospedale dopo l’altro e non c’è diretta televisiva di Putin nella quale gli abitanti delle campagne non lamentino l’abbandono sanitario delle loro regioni.

Il quotidiano russo indipendente in lingua inglese The Moscow Times ha pubblicato, il 21 marzo, un’inchiesta (>qui) secondo la quale oligarchi russi, con le loro ricchezze sconfinate, starebbero acquistando dagli ospedali (sì, acquistando dagli ospedali!) i letti di terapia intensiva, per farseli installare in casa propria. La notizia è del tutto verosimile, per chi conosce i modi spicci degli oligarchi russi; la testata non è l’ultima arrivata e l’inchiesta è stata condotta da tre giornalisti. Nel servizio della RAI, non una parola: la Russia ne usciva come un modello di organizzazione sanitaria, capace addirittura, in tutto ciò, di mandare aiuti all’Italia.

Ripetuti e lunghi servizi sono stati dedicati prima alla partenza, poi all’arrivo in Italia di 36 medici cubani. La narrazione ha toccato toni tra il ridicolo e il patetico, con l’ostentata presentazione dei sanitari che s’imbarcavano imbracciando il ritratto di Fidel Castro. Come nel caso della Cina, ripetiamolo per chiarezza: l’aiuto va apprezzato, ma si sta trasformando in un veicolo di propaganda contro il nostro sistema di vita e la nostra storia europea.

Non avere giornalisti professionali significa mandare davanti alle telecamere persone che faticano a controllare le emozioni, non riescono ad adeguare il tono di voce alle notizie, sembrano non saper organizzare le informazioni per renderle chiare a chi ascolta. Il tono dei presentatori dei notiziari tedeschi non è mutato, rispetto al solito. Quello dei giornalisti di France24, già molto contenuto, si è fatto ancora più severo; molte presentatrici, in questi giorni, indossano abiti scuri, come nei giorni dell’attentato al Bataclan.

In un servizio da una città veneta, qualche giorno fa, l’inviata RAI riferiva i numeri dei morti con lo stesso tono con il quale avrebbe sciorinato i risultati di una partita di calcio. Quando riferiscono i dati quotidiani dei defunti e dei contagiati, i giornalisti si perdono in un mare salamelecchi, interpretazioni, sospiri e pistolotti, e tu alla fine non capisci come stanno le cose. Ogni mattina, sulla rete di informazione continua italiana, un ragazzo legge una rassegna stampa con il tono di un adolescente spaventato, ma la sua non è una rassegna: legge titoli e spezzoni di articoli aggiungendovi chiose e considerazioni personali delle quali nessuno sente il bisogno.

Manca un argine alla disinformazione

Negli altri Paesi, le campagne di disinformazione provenienti da Russia e Cina tramite i social network trovano un argine almeno parziale nell’informazione professionale: in Italia no. Non accade solo in questi giorni, ma con il Coronavirus il gioco di amplificazione tra false notizie sui social e carenza di un’informazione professionale sui media giunge al parossismo, in una misura che non è esagerato definire paurosa, per le sorti della società aperta e per lo stile di vita europeo.

Bisogna credere che vi sia una regia, un «grande fratello» che guida i media italiani in questa direzione? No. Da una parte vi sono limiti evidenti nella scelta delle persone. Conosco giornalisti italiani eccellenti, che meriterebbero le telecamere dei grandi media: restano confinati in testate apprezzabili ma di secondo piano. Sulle grandi reti compaiono di rado e non riescono a influire. La massa è formata da giornalisti che danno sempre l’impressione di parlare di cose che non conoscono.

Dall’altra parte vi è un problema che non riguarda solo il giornalismo, ma tutti i circoli intellettuali italiani. Questi, quasi senza eccezioni, nascondono dietro l’accettazione formale e svogliata della società aperta una inconfessata nostalgia per l’autoritarismo. Non parlo di intellettuali di «destra» o di «sinistra,» è una distinzione ormai del tutto irrilevante. L’autoritarismo di Putin è tutt’altro che di «sinistra,» ma in Russia gli intellettuali hanno la stessa funzione organica che avevano nell’Unione sovietica comunista, nella Cina di oggi o durante nazismo e fascismo. La passione dell’intelligencija italiana è per un mondo in cui l’intellettuale non deve confrontarsi con la diversità; un mondo in cui a scrittori, giornalisti, attori vengono dati spazi pressoché illimitati per far subire all’umanità intera le loro tirate, purché si adeguino al regime di turno. Questa nostalgia fa sì che non vi è alcun bisogno di censure e grandi fratelli: gli intellettuali, inclusi i giornalisti, si censurano da soli.

Chi, per capacità e dignità, non è disposto ad accettare questa norma, scriva pure su qualche piccola testata, faccia un articoletto qui o là, si apra un blog, ma non acceda ai media di maggior tiratura, o, se lo fa, solo ogni tanto. Sennò si scoprirebbe che il re è nudo. E quale re, a questo mondo, vuol farsi scoprir nudo?

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Luca Lovisolo

Lavoro come ricercatore indipendente in diritto e relazioni internazionali. Il mio corso «Capire l'attualità internazionale» accompagna chi desidera comprendere meglio i fatti del mondo. Con il corso «Il diritto per tradurre» comunico le competenze giuridiche necessarie per tradurre testi legali da o verso la lingua italiana.

Commenti

  1. Hugo Omar ha detto:

    Muchas Gracias Señor Luca Lovisolo. Muy interesante su escritor para meditar al respecto, desde aqui, Buenos Aires, Argentina. lo saludo atentamente.

    • Luca Lovisolo ha detto:

      Gracias, valoro enormemente que este blog llege tan lejos. Atentamente. LL

  2. Barbara Grigoletto ha detto:

    Interessante articolo, fa davvero aprire gli occhi. Per quanto riguarda invece la significatività e affidabilità dei dati disponibili sull’epidemia di Coronavirus in atto, ho scritto un articolo con le mie considerazioni, che può trovare su https://italianmedtranslations.com/news/, se le facesse piacere approfondire.

    • Luca Lovisolo ha detto:

      Grazie per il Suo apprezzamento e per la segnalazione. Cordiali saluti. LL

  3. Leo Ross ha detto:

    Ho incontrato casualmente il blog da lei diretto. Ora riterrei opportuno rendere noti al grande pubblico quanti siano e a chi appartengano i grandi gruppi editoriali europei e USA – quattro o cinque in tutto in entrambi i continenti – e in secondo luogo che tipo di interessi possano tutelare. In prima istanza mi verrebbe da dire che trovo difficile per molti giornalisti, non dico tutti, conservare una propria obiettività intellettuale e morale senza una totale indipendenza economica. Volando basso non si compera la Verità per un euro e venti centesimi. Facendo riferimento ai corrispondenti esteri la quasi totalità basa i propri articoli su agenzie come Ansa o Reuters p.e.senza muoversi dal proprio salotto, ancorché televisivo.

    Le influenze oggettive o supposte da parte di enti stranieri non sono una novità, per il più recente passato mi riferisco a quanto emerso – poco ma sufficiente – dagli scaffali del Public Record Office di Kew Gardens in merito alle influenze inglesi sulla stampa nazionale attraverso illustri giornalisti nel corso della II guerra mondiale. A mio avviso sono molto più convincenti le presenze di stranieri nei Cda aziendali o addirittura essendone la proprietà. Non ultimo rimuovendo per un istante lenti ideologiche ormai obsolete, noto che da oltre trent’anni oltre le veline USA imposte ai vari Media negli anni, sono ulteriormente supportate da un considerevole numero di basi militari posizionate su vaste parti del territorio europeo e nazionale. Ho lavorato per qualche tempo in Russia e Kazhakstan e mi trovo parzialmente d’accordo con il suo pensiero.
    Rimane come ultima considerazione, forse amara, come risulti difficile all’Italia uscire dalla sua condizione di costante colonia.
    La saluto.

    • Luca Lovisolo ha detto:

      Lei affastella troppi argomenti e il senso complessivo del Suo commento non è chiaro. Posso però dire che un giornalismo obiettivo è possibile, e molti esempi, generalmente purtroppo non italiani, lo dimostrano. Cordiali saluti.

  4. Giovanni Pavani ha detto:

    Grazie per l’articolo illuminante come al solito.
    Vorrei condividerlo su Facebook, come si fa?

  5. Matteo ha detto:

    Buongiorno.
    Grazie davvero per l’accurata analisi! Ho una domanda aggiuntiva, che è solo per ingrandire il discorso: secondo lei, CHI ci guadagna (o pensa di guadagnarci) in futuro?

    • Luca Lovisolo ha detto:

      Immagino che Lei intenda chi può ottenere vantaggi di influenza geopolitica dalla crisi in corso. Non si sa ancora. Ci sono troppe variabili in gioco, soprattutto la durata della crisi, la sua evoluzione territoriale e il danno economico effettivo che comporterà. L’unica cosa che si può dire, in questo momento, è che bisogna evitare che il Coronavirus diventi un’occasione per un’espansione dell’influenza delle potenze autoritarie, in particolare Russia e Cina, che stanno utilizzano molto bene e cinicamente a proprio vantaggio questa triste circostanza. Su tutto il resto, si potrà dire fra qualche settimana, come minimo. Cordiali saluti. LL

  6. Paolo Acanti ha detto:

    Buongiorno,
    La mia non è una domanda provocatoria, vorrei solo capire meglio da altre fonti. Riguardo le ultime esternazioni di Christine Lagarde e di Ursula von der Leyen sugli aiuti all’Italia, sono o non sono da tenere in considerazione? Quale peso dobbiamo dare al MES? Grazie in anticipo.

    • Luca Lovisolo ha detto:

      Personalmente non faccio analisi o commenti su gaffe, frasi decontestualizzate estratte da interviste o simili. Anche le persone più preparate possono fare errori di comunicazione con conseguenze gravi, sarebbe meglio che non li facessero, ma accade. Quanto alla signora von der Leyen, per sapere esattamente cosa intendeva quando ha detto la frase oggetto di critica dovrei ascoltare in lingua originale l’intero intervento dal quale è stata tratta. Credo sia preferibile impiegare il tempo a valutare i fatti, non singole espressioni che potrebbero anche non aver avuto le intenzioni che vengono loro attribuite. La realtà non si lascia riassumere in una battuta, felice o infelice che sia. La questione del MES è molto complessa, è uno degli strumenti che si potrebbero utilizzare in questo frangente, se ne sta discutendo, i cosiddetti Corona-bond non sono l’unica via possibile e il MES non è il diavolo che viene solitamente dipinto, le sue caratteristiche si possono anche adeguare alle circostanze. Anche su questo punto, bisogna seguire le valutazioni degli economisti competenti e attendere risultati e fatti. Cordiali saluti.

  7. Milena Paro ha detto:

    Ho trovato il suo articolo davvero interessante. In questo bailamme di notizie non riesci mai a capire se sono vere, false o artefatte. Continuo a leggere e quasi sempre mi perdo e sorgono nuovi dubbi. Premetto che non leggo testate straniere, ma cerco di informarmi nel modo migliore possibile, anche se a volte la lingua mi limita. Perché noi italiani, me compresa, abbocchiamo così facilmente a tutto ciò che viene detto o scritto, senza alcun senso critico? Siamo diventati così pigri? Grazie per la sua attenzione.

    • Luca Lovisolo ha detto:

      Grazie per il Suo apprezzamento. Chi, come me, segue per ragioni di lavoro quotidianamente la stampa estera, osserva molto bene l’enorme differenza delle narrazioni, rispetto a quella italiana. Sulle ragioni di questa situazione si potrebbero scrivere dei libri. Cordiali saluti. LL

  8. David Davite ha detto:

    Grazie Luca per questa analisi. Mi permetto di chiederle un approfondimento su un argomento fortemente connesso alla propaganda filo russa e filo cinese: la propaganda antiamericana. Si è data forte diffusione mediatica al costo del tampone in USA (3000 dollari) senza poi diffondere la notizia che immediatamente il costo è stato di fatto azzerato. Recentemente si è parlato della decisione di 10 Stati americani di non fornire terapia intensiva ai disabili. Come stanno le cose in merito a questo punto?

    • Luca Lovisolo ha detto:

      Grazie per il Suo apprezzamento. Seguo meno gli Stati uniti, perché sono concentrato su Russia e Mitteleuropa. Posso dirle in generale che la posizione degli Stati uniti di Trump nelle vicende della disinformazione non è riassumibile in un motto. Vi sono canali di disinformazione vicini alle «destre sovraniste» che diffondono messaggi filo-Trump, altre più vicine alle «sinistre» più estreme che diffondono notizie denigratorie. In ciò bisogna anche tenere conto che la posizione di Donald Trump come persona viene spesso distinta da quella delle altre istituzioni USA. Ciò accade normalmente presso i russi, i quali diffondono la narrazione, in parte anche vera, che Trump, se non fosse frenato dal Congresso e dagli altri organi dello Stato, sarebbe vicino alla Russia e a Vladimir Putin. Si tratta perciò di un quadro molto articolato, non riassumibile qui. Cordiali saluti.

  9. Luca Lovisolo ha detto:

    I commenti critici sono apprezzati come quelli favorevoli, ma, per essere pubblicati, devono essere sorretti da fonti e argomentazioni adeguate, nel merito e nel metodo. Commenti basati su notizie falsificate, su fonti prive di scientificità o su mere opinioni personali vengono cancellati, indipendentemente dalle posizioni che rappresentano. Lo stesso vale per commenti fuori tema o inviati senza aver letto e compreso a fondo questo e precedenti articoli. Grazie.

  10. Roberto Bugiolacchi ha detto:

    Vivo dal 1984 fuori dall’Italia, di cui 24 in Inghilterra, poi Germania, ora Cina. Che dire se non essere totalmente d’accordo? La qualità del giornalismo italiano comunque rispecchia il carattere della nostra società. Io me ne andai per cento ragioni dall’Italia, ma una di quelle era l’uscire da quell’inferno ideologico degli anni 70, dove un giovane si doveva per forza schierare a ‘destra’ o ‘a sinistra’. O meglio. Se non eri apertamente di ‘sinistra’ era praticamente un fascista. Se andava bene, un leggermente più benigno “democristiano”. Io che ero un musicista vedere ogni artista classificato così mi ripugnava, addirittura con grandi come Battisti e Baglioni classificati quasi come neo-nazisti. Poi crescendo, ed il mio inglese in parallelo, ho iniziato ad apprezzare quel dono al mondo che è la BBC e la sua professionalità ed (per la maggior parte) imparzialità. Quanto mi dannavo quando tornavo d’estate in Italia nel vedere ore quelle TV del biscione abbattere il livello culturale dei miei connazionali, e, ancor più doloroso, vedere la ‘mia’ RAI affannarsi a seguirla. Questo per la TV. Lasciamo perdere le testate giornalistiche, apertamente ‘di parte’, e quindi forfettarie a priori della definizione di ‘verità’.

    Concludo prima che questo mio intervento si tramuti in un mal scritto temino. Se devo sintetizzare il mio pensiero sull’Italia (chiaro, solo il negativo qui) è la profonda ignoranza generale del concetto di razionalità e conoscenza scientifica-professionale. Due esempi magari sciocchi: quando in Inghilterra si rideva dell’omeopatia come una curiosità da trovare nei negozietti di ‘cristalli magici’ e fandonie varie, da noi tutte le farmacie, da private a comunali, mettevano su insegne giganti al neon con scritto ‘omeopatia’. Al mio paese addirittura il veterinario, con negozio annesso, si descrive ‘omeopatico’.

    Poi gli oroscopi. L’ultimo ‘indovino’ conosciuto in TV lì era un certo Russel Grant, una macchietta tipo Divino Otelma che decorava i salottini degli anni 80 nel canale di TV privato (ITV). Ovviamente, tali figure sono totalmente scomparse assieme ai concorsi Miss Mondo. Da noi? Fox ed altre volpi come lui si fagocitano nelle TV di Stato ed imbrattano tutti i quotidiani con le loro fesserie medievali (qualcuno aveva predetto che il 2020 fosse stato l’anno del covid?). Insomma, scusate per questa testimonianza un po’ caotica, ma ora sto meglio. Grazie.

    • Luca Lovisolo ha detto:

      Grazie per il Suo contributo. In queste circostanze si manifesta una volta di più come solo chi ha vissuto fuori dall’Italia, oppure conosce le lingue e riesce a seguire ciò che succede all’esterno, percepisca lo scollamento tra il livello di informazione e cultura della Penisola rispetto agli altri, non solo nei media. Cordiali saluti. LL

  11. rosaria ha detto:

    La ringrazio. Ho imparato qualcosa dalla sua analisi e questo non è poco.

    • Luca Lovisolo ha detto:

      Grazie a Lei per l’apprezzamento. LL

    • Luca Lovisolo ha detto:

      Grazie per la cortese segnalazione e complimenti per l’articolato studio. Ho potuto leggerlo solo rapidamente, ci tornerò volentieri in tempi più distesi. Cordiali saluti.

      • Luca Poma ha detto:

        Grazie a lei per il suo appassionato lavoro. Quando vorrà leggere il mio, mi saranno certamente gradite sue utili osservazioni. Cordialità, LP

  12. Roberto Bardoneschi ha detto:

    Grazie per la sua analisi. Essere rinchiusi in casa e bombardati da notizie funeste inframmezzate alle paure per il futuro, espone anche chi ha l’abitudine di verificare le fonti, a finire con assorbire i messaggi subliminali e ad interiorizzali come dati di fatto. Siamo stretti tra il sovranismo populista e le infiltrazioni economico-politiche degli stati che lei ha citato. Penso però che la sponda fornita dall’onda sovranista di alcuni grandi Stati (si veda Trump e connessi), sia diventata uno strumento di amplificazione dei messaggi distorti che ci stanno sommergendo.
    La ringrazio ancora per questo intervento, che mi ha dato modo di riflettere molto; cercherò di portare la sua riflessione alle persone a me vicine.

    • Luca Lovisolo ha detto:

      Grazie per l’attenzione. LL

  13. Elena ha detto:

    Verissimo: chiunque abbia voglia di ascoltare o leggere un canale di informazione straniero sa che il giornalismo italiano è figlio della filodrammatica (ci sarebbero decine di esempi concreti, ma per pudore sorvolo). Con la stessa enfasi con cui, anziché fare informazione, si indugia su piazze deserte e vicende strappalacrime, premendo a fondo il pedale dei registri tragici, i media italiani propongono la commovente storia dei medici cinesi e cubani, e magnificano il dispiegamento di forze della Russia (come bambini davanti a un negozio di dolciumi troppi nostri connazionali restano abbacinati dalle centinaia di sanitari, tensostrutture ospedaliere, mezzi per la disinfezione annunciati… ), senza pensare che probabilmente si tratta solo di un teatrino inutile ai fini del contenimento dell’epidemia.

    Tre paesi in cui vigono dittature o pseudo-democrazie distolgono personale e risorse dai loro territori, che potrebbero in un prossimo futuro averne estremo bisogno (anche in Cina l’epidemia sembrerebbe tutt’altro che sotto controllo), per fare propaganda anti-europea e anti-democratica in Occidente a suon di ilyushin e apologie castriste. Solo questo basterebbe per rispolverare il detto virgiliano Timeo Danaos, et dona ferentes.

    • Luca Lovisolo ha detto:

      Sono d’accordo. Il telegiornale russo, ieri, ha mandato in onda un lungo servizio in cui si vedevano le colonne di mezzi militari con le bandiere russe percorrere città e autostrade italiane. A me, ma soprattutto a molti miei lettori ucraini, l’immagine ha rimandato a recenti e spiacevolissimi precedenti, a latitudini non molto lontane da noi. Poco fa, RaiNews24 faceva passare, come immagini di commento alla lettura del notiziario, riprese degli stessi mezzi: non era difficile riconoscere, in chi ha scelto quelle immagini tra le mille che poteva prendere, l’intenzione di ostentare le bandiere russe che passavano davanti alle telecamere, issate sui mezzi. Se aggiungi che oggi una cronista della stessa rete ha definito il personale arrivato dalla Russia «militari sovietici,» si capisce che all’irresponsabilità e alla prevenzione ideologica va aggiunta una buona dose d’ignoranza.

  14. Antonio ha detto:

    Grazie per la sua analisi, sempre puntuale e dettagliata. La seguo da molto tempo. Mi sarei aspettato una sua riflessione sugli aiuti arrivati in Italia qualche giorno fa dalla Russia attraverso il grosso sbarco di personale sanitario militare e non della protezione civile russa. Sta dicendo da molto tempo che è in atto un sottile, ma neanche tanto, tentativo di avvicinare l’Italia ed alcuni stati europei al progetto di una nuova grande entità russa in opposizione al sistema occidentale classico. Questo episodio di aiuti potrebbe seguire tale percorso? Grazie

    • Luca Lovisolo ha detto:

      Grazie per l’apprezzamento. Il tentativo di avvicinare l’Italia all’Unione eurasiatica non è affatto sottile e sta avvenendo alla luce del sole, sebbene non importi a nessuno. Un articolo sugli aiuti russi è in programma per i prossimi giorni, richiede approfondimento delle fonti. Non ho dubbi che l’invio risponda alla logica a cui Lei fa riferimento, e già in atto. Cordiali saluti. LL

  15. Stefano Segnini ha detto:

    Grazie per la Sua analisi, come sempre molto accurataю Io però faccio fatica a credere alla notizia della vendita dei posti letto di terapia intensiva ai nuovi miliardari, mi sembra incredibile, va bene che nostra figlia ci aveva raccontato della capillare corruzione in Russia, ma questo oltre quindici anni fa, ora pare ci sia un po’ più di ordine.

    • Luca Lovisolo ha detto:

      Il problema della corruzione è ancora uno dei più gravi in Russia e il settore della sanità non fa eccezione. Che l’azione di Putin abbia prodotto risultati sostanziali, sotto questo profilo, è una narrazione tanto diffusa quanto parziale. Il link all’inchiesta di The Moscow Times è riportato nell’articolo, è sufficiente leggerla per rendersi conto. Capisco che sottrarre attrezzature mediche agli ospedali a fini privati corrompendo medici e produttori sembri inaudito, per un pubblico occidentale. Per chi conosce gli estremi a cui giungono le condotte degli oligarchi russi, la notizia è tutt’altro che straordinaria. Cordiali saluti. LL

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Luca Lovisolo

Lavoro come ricercatore indipendente in diritto e relazioni internazionali. Con le mie analisi e i miei corsi accompagno a comprendere l'attualità globale chi vive e lavora in contesti internazionali.

Tengo corsi di traduzione giuridica rivolti a chi traduce, da o verso la lingua italiana, i testi legali utilizzati nelle relazioni internazionali fra persone, imprese e organi di giustizia.

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