Coronavirus: le decisioni dell’Eurogruppo

Le decisioni dell'Eurogruppo sulla crisi Coronavirus
Euro | © Mauro Sbicego

Il riassunto delle misure prese. Chi ha rinunciato e chi ha ottenuto cosa. L’unica ragione per opporsi all’utilizzo del MES, in Italia, era di dibattito politico interno. L’Unione europea è un insieme di Stati sovrani, perciò serve il consenso di tutti. Se ciò sia un male o un bene, è difficile dirlo senza cadere negli slogan. La crisi non deve impedire di prendere atto che l’Italia ha un enorme problema di uomini.


Alcune considerazioni su ciò che si è deciso all’Eurogruppo per la gestione della crisi causata dal Coronavirus, al termine di un lungo incontro protrattosi due giorni e conclusosi ieri, 9 aprile. Si sappia che l’accordo, intervenuto fra i ministri economici, deve essere discusso e ratificato dal prossimo vertice dei capi di Stato e di governo. Non si attendono, però, modifiche sostanziali.

Rimando alle analisi firmate da economisti chi desidera conoscere il dettaglio delle misure. Qui mi limito a riassumerle e tratto gli aspetti negoziali e di relazioni internazionali.

Le decisioni in breve

1. Sono state confermate le erogazioni della Banca europea degli investimenti (da non confondere con la Banca centrale europea) e il sostegno europeo all’assicurazione di disoccupazione. Su queste misure, importanti già da sole, l’accordo esisteva da giorni.

2. Saranno erogati prestiti dal MES (Meccanismo europeo di stabilità o «fondo salva-Stati»), limitatamente alle spese sanitarie e collegate, a condizioni minimali, a chi vorrà servirsene.

3. Non è passata l’idea italiana e di altri Paesi di Corona-bond o altre denominazioni, ma si continua a discutere sulla proposta di un fondo comune per la ripresa economica alimentato da strumenti innovativi di credito, cioè la stessa cosa con altro nome.

Chi ha rinunciato e chi ha ottenuto cosa, in sintesi

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«L’Italia vista da fuori» – Il libro di Luca Lovisolo sull’Italia

1. L’Olanda, all’inizio delle trattative, si opponeva in assoluto a un utilizzo del MES senza condizioni. Ha rinunciato in parte a questa posizione, accettando che una parte del MES venga utilizzata a condizioni ridotte e accettate anche dall’Italia per sostenere spese sanitarie e ad esse collegate; ha ottenuto che le condizioni rimangano sul resto.

2. La Germania, contraria agli Euro-bond o Corona-bond, ha rinunciato in parte a questa opposizione, accettando che si parlasse più genericamente e in prospettiva di un fondo per la ripresa economica finanziato con strumenti innovativi; ha ottenuto che il veicolo principale di erogazione del sostegno per la crisi Coronavirus sia il MES.

3. L’Italia ha rinunciato al fatto che si citasse la parola «Euro-bond» o «Corona-bond,» ma, insieme a Francia, Spagna e altri sei Paesi, ha ottenuto che la proposta di un fondo comune per la ripresa economica, finanziato con strumenti di nuova concezione, rimanga sul tavolo e sia oggetto di ulteriori negoziazioni.

Consideranda

Sulle rassegne stampa italiane di questa mattina si nota che i commentatori si accorgono improvvisamente che il MES è lo strumento migliore per erogare fondi: è già lì pronto, basta usarlo. In altri Paesi, particolarmente in Germania, lo si dice da settimane. Il MES prevede delle condizioni molto severe, per l’erogazione di prestiti, ma queste condizioni, sulle spese sanitarie e collegate, sono state enormemente alleggerite, per renderle accettabili all’Italia e ad altri Paesi. Anche su questo punto, la Germania era d’accordo sin dall’inizio. L’unica ragione per opporsi all’utilizzo del MES, in Italia, era di pura fissazione del dibattito politico interno (ulteriori dettagli sulla questione MES >qui).

Lo stesso può dirsi per i Corona-bond, o comunque li si voglia chiamare. Si è fatta una tempesta intorno a uno strumento che si sapeva in partenza essere privo di consenso e applicabilità, almeno nell’immediato. Oltre agli ostacoli politici, per la costituzione di titoli di credito comuni è necessaria un’infrastruttura operativa la cui costruzione può richiedere mesi o persino anni. Si sapeva già prima, ma non bisognava dirlo. Anche altri Paesi sono a favore, come l’Italia, di proposte in questa direzione. In Italia si è fatta una campagna che ha trasformato parole come MES e Corona-bond in totem da distruggere o adorare. Fuori dall’Italia, lo si è notato. Nulla di peggio, quando si devono condurre negoziazioni. L’idea può essere solo un progetto per il futuro: lo è diventata, perché se ne parlerà ancora. E’ un successo non trascurabile, se si guarda ai fatti, non alla propaganda.

I due perché alcuni Paesi sono contrari agli Euro-bond

1. Emettere titoli di credito comuni europei significa che gli Stati dell’Unione devono garantire uno per l’altro sulla restituzione del debito che si forma su quei titoli, cioè sulla futura restituzione dei soldi a chi li acquista. Alcuni Paesi del sud Europa hanno una storia amministrativa fatta di decenni di sprechi e di cattiva amministrazione. Altri Paesi, che invece sono meglio amministrati, non vedono ragioni per le quali dovrebbero rischiare la loro credibilità per schermare la cattiva condotta di altri. E’ vero che la crisi del Coronavirus è dovuta a un fattore non influenzato dai governi, ma tutto il resto sì, e, almeno per quanto riguarda l’Italia, nulla lascia credere che vi siano serie intenzioni di cambiare strada. Lanciare uno strumento di questo tipo non è escluso, ma richiede considerazioni attente.

2. In Paesi come Germania, Olanda, Svezia e altri ringhiano partiti di estrema destra e filorussi che non aspettano altro, per mietere successi elettorali, che i governi facciano concessioni economiche verso Stati europei male amministrati. Questi partiti non hanno fatto che crescere, negli ultimi anni. Gli atteggiamenti restrittivi di quei governi, che in Italia vengono spiegati con egoismo e nazionalismo, puntano a non dare fiato a tendenze estremiste, che metterebbero in discussione non solo l’Unione europea, ma le basi stesse dello Stato di diritto, aprendo le porte a Mosca e all’Unione eurasiatica. Può dispiacere che si debba tenere conto di queste derive, ma esistono e ignorarle è pericoloso. In Italia lo si è visto con la migrazione: lasciarla ingovernata non ha diffuso «solidarietà,» ma ha prodotto xenofobia e l’avvicinamento del Paese alle potenze autoritarie.

Perché le discussioni sono durate così tanto

Perché l’Unione europea, checché ne dicano taluni, è un insieme di Stati sovrani. Per questo motivo, gli accordi si devono trovare con il consenso di tutti. Nell’Unione esistono anche meccanismi di decisione a maggioranza, ma non sempre funzionano, perché i componenti dell’Ue sono Stati e, in quanto tali, possono sempre appellarsi al principio del superiorem non recognosco («io sono uno Stato, perciò non riconosco altro al di sopra di me»). Accade che si prendano decisioni a maggioranza, nell’Ue, ma poi gli Stati caduti in minoranza non le rispettano. Non è vero, perciò, che l’Europa «comanda in casa nostra,» e lo si è ben visto in questi giorni. Finché i ministri e capi di governo dei singoli Stati non trovano un compromesso, non si va avanti.

Se ciò sia un male o un bene, è difficile dirlo senza cadere negli slogan. Si può osservare che la Svizzera esiste da più di settecento anni e funziona più o meno secondo lo stesso principio. Certamente, il governo centrale di Berna oggi ha più poteri cogenti sui 26 Cantoni svizzeri di quanti ne abbia Bruxelles sui 27 Stati Ue, ma li usa il meno possibile. Sa benissimo che una decisione difficilmente funziona, se viene calata dall’alto. E’ un meccanismo che ho visto funzionare mille volte, per la realizzazione di opere pubbliche o altre iniziative di interesse federale: si discute anche a lungo, ci si strappa i capelli in parlamenti centrali, consigli cantonali e referendum, qualche cantone ottiene qualcosa, qualcun altro deve rinunciare e viceversa, ma alla fine si giunge al compromesso e tutti camminano con convinzione sulla strada che si è decisa insieme. Non vi è alcuna ragione di credere che un meccanismo simile non possa funzionare anche per l’Unione europea, che pur è un’istituzione giovane e senz’altro richiede molti aggiustamenti. L’esperienza svizzera dimostra da più di sette secoli che il meccanismo del consenso dal basso è faticoso, ma può essere un modello di successo.

Sull’Italia

E’ brutto a dirsi in questo momento, nessuno vorrebbe essere nei panni di un capo di governo, di un ministro e nemmeno di un sindaco, in queste settimane. Ciò non deve impedire di prendere atto, però, che Roma ha un enorme problema di uomini. Si susseguono atti e dichiarazioni di sconfortante inopportunità. Cosa significa affermare che se non si troverà un accordo in Europa, l’Italia farà da sola? Farà da sola con i soldi di chi? Cosa intende con farà da sola, detto mentre lascia scorrazzare sul territorio soldati, aerei e camion militari russi? Cosa significa proclamare che se l’Europa non trova un accordo, non è più competitiva con le altre potenze? Esiste forse una concorrenzialità, per la quale l’Italia, se insoddisfatta dalle prestazioni dell’Unione europea, potrebbe aggregarsi all’Unione eurasiatica di Putin o alla Cina?

L’Italia chiede prestiti fondati su debito comune europeo, ma se Roma dovesse allontanarsi dall’Ue per affiancarsi ai suoi nuovi eroi, quei prestiti che fine faranno? Come si spiega, che un ministro italiano, di fronte a un articolo uscito su un giornale europeo e a lui non gradito, scriva al governo di quel Paese per chiedere scuse e dissociazioni, secondo uno schema che è ben noto nei Paesi autoritari, dove la stampa è espressione di regime? Com’è possibile che chi siede su altissime poltrone di governo non si renda conto delle conseguenze logiche che scatenano le sue affermazioni, oltre al significato immediato? Che idea è, nel pieno di negoziazioni importantissime, lanciare campagne politiche fondate su slogan e prese di posizione di mera bandiera? E della ridicola lettera «agli amici tedeschi» piena di errori di storia pubblicata da politici italiani su uno dei massimi giornali d’oltralpe (>qui), vogliamo (ri)parlarne? Non si tratta di appartenenza di partito, ma di qualità degli uomini, in un frangente in cui ogni parola e ogni atto andrebbero pesati come oro.

Sulla questione economica, per completezza, bisogna aggiungere l’intervento della Banca centrale europea, che da settimane sta acquistando enormità di titoli pubblici statali, contribuendo in modo determinante a mantenere bassi i tassi di interesse che l’Italia deve pagare a chi le sta imprestando denaro in questo momento. La Banca centrale va tenuta su un piano diverso, perché è un organo indipendente dalla politica (ed è bene che resti così), ma è un tassello chiave di questo costrutto, sebbene se ne parli meno. Senza il suo intervento, l’Italia, per l’effetto combinato della sua situazione debitoria e dell’incertezza causata dalla pandemia, oggi dovrebbe collocare i suoi titoli di Stato a tassi d’interesse elevatissimi.

A un mese e più dall’inizio della crisi, difficilmente la situazione sarebbe ancora sostenibile e non è azzardato credere che Roma si sarebbe già vista costretta a dichiarare una parziale o totale insolvenza, come l’Argentina nel 2001. Il resto, ce lo si può figurare.

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Luca Lovisolo

Lavoro come ricercatore indipendente in diritto e relazioni internazionali. Il mio corso «Capire l'attualità internazionale» accompagna chi desidera comprendere meglio i fatti del mondo. Con il corso «Il diritto per tradurre» comunico le competenze giuridiche necessarie per tradurre testi legali da o verso la lingua italiana.

Commenti

  1. Silvio ha detto:

    Meglio di così non poteva essere scritto. Grazie

  2. Federico Filpo ha detto:

    Ottimo articolo come al solito sig. Lovisolo

    • Luca Lovisolo ha detto:

      Grazie. LL

  3. Mario Carlo Travaglini ha detto:

    Sig. Lovisolo, la ringrazio per la sua informazione puntuale. Forse posso sbagliare ma credo che se il nostro governo attuasse le seguenti semplici misure risolverebbe […]

    • Luca Lovisolo ha detto:

      Grazie per il Suo apprezzamento. Ometto la parte di commento nella quale Lei suggerisce possibili misure per l’uscita dalla crisi, poiché non mi occupo di politica interna italiana. Cordiali saluti. LL

  4. Ylenia Bellantoni ha detto:

    Grazie sig. Lovisolo per l’articolo ben spiegato. Penso sempre che per avere gli Eurobond ci vorrà un Cancelliere dei Verdi! L’attuale classe dirigente politica tedesca non li accetterà mai (CDU), forse i socialdemocratici che sono dentro al governo dovrebbero battere un colpo.

    • Luca Lovisolo ha detto:

      Grazie. Non credo che in Germania basterà un cambio di maggioranza di governo o una diversa posizione dei partiti esistenti. In Germania, Olanda e altri Paesi esistono formazioni di estrema destra, filorusse e antieuropee, pronte a cavalcare ogni concessione in questo senso, per guadagnare consensi elettorali, con conseguenze molto peggiori sulla tenuta dell’Ue e sulla stessa sussistenza dello Stato di diritto come lo conosciamo oggi. Il quadro è molto complesso e molti dei pregiudizi che in Italia circolano sui Paesi del Nord Europa, sulla loro presunta mancanza di solidarietà e nazionalismo, sono motivati da scarsa conoscenza del loro effettivo quadro sociale. Cordiali saluti. LL

  5. Luca Lovisolo ha detto:

    PRECISAZIONE. A seguito della conferenza stampa tenuta venerdì 10.4. dal capo del governo italiano Giuseppe Conte, in Italia si è levata una polemica che coinvolge l’utilizzo del MES. In breve, senza entrare nelle questioni di politica interna, è utile precisare due punti, oltre a quanto già detto nell’articolo.

    1. L’Italia non ha «attivato» o «firmato» alcun prestito dal MES. L’Italia ha approvato la decisione dell’Eurogruppo di costituire una linea di credito agevolata del MES a sostegno di spese sanitarie per l’emergenza Coronavirus. Gli Stati che desidereranno servirsene beneficeranno di condizioni molto facilitate. Nessuno è tenuto a farlo. L’Italia ha sì approvato la costituzione di questa linea di credito, ma non ne ha richiesta l’attivazione per se medesima. Se sia o no opportuno che l’Italia si serva di tale credito è una decisione politica che non è mio compito analizzare. Se lo farà, beneficerà anch’essa delle stesse facilitazioni straordinarie. Il dato, oggettivo e non esponibile a interpretazioni, è che l’Italia sinora non l’ha richiesta.

    2. E’ nel falso chi afferma che «l’Europa deve farci usare i nostri soldi del MES» o che «è assurdo che dobbiamo chiedere il permesso per usare i nostri soldi.» Il MES è un fondo comune, chiamiamolo «salvadanaio,» nel quale gli Stati della zona euro versano ciascuno una propria quota. Il denaro raccolto serve a erogare prestiti a Paesi euro che si trovassero in seria difficoltà, poiché la grave crisi di un solo Stato comprometterebbe anche gli altri. Il denaro del MES, perciò, non è denaro dei singoli Stati, ma è denaro di tutti a tutela di tutti: la quota italiana tutela anche gli altri e le quote degli altri tutelano anche l’Italia, secondo un principio solidaristico. Per questo motivo, il denaro del MES può essere utilizzato solo con il consenso di tutti. Sempre che ciò fosse giuridicamente possibile, se oggi uno o più Stati ritirassero le quote versate, il MES si indebolirebbe o cesserebbe di esistere proprio quando ve ne è più bisogno, cioè in presenza di una crisi grave. Anche questi dati sono facilmente verificabili, se si conosce il principio di funzionamento del MES.

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Luca Lovisolo

Lavoro come ricercatore indipendente in diritto e relazioni internazionali. Con le mie analisi e i miei corsi accompagno a comprendere l'attualità globale chi vive e lavora in contesti internazionali.

Tengo corsi di traduzione giuridica rivolti a chi traduce, da o verso la lingua italiana, i testi legali utilizzati nelle relazioni internazionali fra persone, imprese e organi di giustizia.

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