Clienti esteri: difendersi dalle perdite sui cambi

Mani e denaro | © Jeremy Paige
Mani e denaro | © Jeremy Paige

La crisi che in questi giorni fa traballare la lira turca, il balzo inatteso del franco svizzero nel 2015, la repentina svalutazione del rublo dal 2014: elementi macroeconomici che sembrano lontani dalla nostra esperienza quotidiana. Possono avere serie conseguenze, però, su chi lavora con l’estero, anche nel settore della traduzione. Alcuni accorgimenti per difendersi dai rischi valutari.


Nello spazio di poche settimane, la lira turca si è svalutata di decine e decine di punti percentuali, rispetto alle valute più forti (euro, franco, dollaro). Le cause sono di natura politica e macroeconomica. Nel gennaio del 2015, in conseguenza di una decisione della Banca nazionale svizzera, il corso di cambio del franco svizzero subì in poche ore una variazione verso l’alto del 20% circa. Colgo questi eventi come pretesto per riflettere su come evitare i rischi di cambio in una professione che comporta spesso rapporti internazionali, come quella del traduttore. Concentriamoci sull’esempio euro-franco, applicabile per analogia a tutti i casi analoghi.

Il valore di una moneta è determinato da molti fattori, non tutti prevedibili e calcolabili neppure dagli analisti più esperti. In anni recenti, l’euro ha subito notevoli perdite di valore, poi in parte recuperate, a causa dell’incerto andamento economico e politico registratosi nell’Unione europea dal 2008 in poi. Non così il franco svizzero, il cui valore è regolarmente cresciuto, sia per la tradizionale stabilità e buona salute del sistema-Paese svizzero, sia perché il franco è molto ricercato come valuta rifugio per gli investitori. Il rafforzarsi di una moneta, però, causa problemi alle esportazioni, poiché tutti i prodotti fabbricati nel Paese che utilizza quella valuta vedono proporzionalmente aumentare i loro prezzi e perdono competitività internazionale.

Con apposite strategie, la Banca nazionale svizzera è intervenuta per circa tre anni al fine di mantenere artificialmente il cambio tra franco ed euro intorno a un tasso fisso sopportabile per l’economia elvetica. Ad un tratto, dinanzi a un insostenibile deprezzarsi della valuta europea, Berna ha deciso di cessare questi interventi. Liberato dal laccio, il franco si è immediatamente apprezzato di ben 20 punti percentuali e più.

Se un traduttore residente in zona euro avesse emesso a un cliente svizzero una fattura in franchi per un importo di 100.– franchi, sino al giorno prima di questa decisione, al momento del pagamento avrebbe ricevuto sul conto corrente un accredito di circa 80 euro. Dopo il balzo del franco, avrebbe ricevuto circa 100.– euro: il cliente svizzero gli avrebbe versato comunque 100.– franchi. Il traduttore in zona euro ne avrebbe avuto un sensibile vantaggio. Se, al contrario, un traduttore svizzero avesse emesso una fattura di 100.– euro, dopo l’improvviso aumento del franco avrebbe ricevuto sul suo conto circa 100.– franchi anziché i 120.– che avrebbe dovuto ricevere precedentemente, con una perdita secca del 20%. Tutto ciò, nell’arco di una sola giornata.

Facciamo un altro esempio. Tra l’inizio del 2014 e la fine del 2015, i rubli necessari per acquistare 1 euro sono saliti da circa 45 a più di 80: una perdita vertiginosa di valore, per la valuta di Mosca. Ne sono stati responsabili, tra l’altro, il calo del prezzo del petrolio, che ha indebolito pesantemente i fondamentali dell’economia russa, e la selvaggia condotta della Russia su alcuni principi del diritto internazionale, particolarmente intorno alla crisi ucraina, che espone Mosca a una serie di sanzioni economiche internazionali. Un traduttore domiciliato fuori dalla Russia che avesse emesso fatture in rubli sarebbe stato esposto al rischio concreto di incassare molto meno di quanto si attendeva, una volta che l’importo fosse arrivato sul suo conto in valuta forte, anche poche settimane o mesi dopo l’emissione della fattura.

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Per gli affari internazionali di grandi dimensioni gli istituti di credito offrono ai loro clienti strumenti bancari e assicurativi adatti a fronteggiare il cosiddetto «rischio di cambio.» In una professione come quella del traduttore, che agisce in un contesto internazionale con valori assoluti piuttosto bassi, non sempre l’uso di questi strumenti è sensato.

Il problema si risolve emettendo sempre fatture nella valuta del proprio Paese? Di principio sì, ed è questa la soluzione da preferire, ma non è per tutte le stagioni. Motivi commerciali possono suggerire al traduttore di fatturare nella valuta del cliente, che può richiederlo per ragioni contabili o psicologiche. Basti pensare che tutti noi, quando, ad esempio, acquistiamo su un sito estero di commercio elettronico, preferiamo vedere i prezzi convertiti nella valuta a noi più familiare e ricevere una fattura in quella stessa moneta. Emettendo la fattura nella divisa del cliente, però, se questa si indebolisce, come abbiamo visto, il traduttore incasserà meno del previsto.

D’altra parte, se emettiamo la fattura nella divisa del nostro Paese e questa si rafforza rispetto alla valuta del cliente, la differenza andrà totalmente a carico di quest’ultimo. Ciò si converte in un aumento del nostro prezzo, dal suo punto di osservazione, che può svantaggiarci notevolmente sul piano commerciale. In casi estremi il cliente potrebbe anche non essere più in grado di pagarci, perché, cambiati nella sua moneta improvvisamente svalutata, i 100.– euro che deve mandarci diventano una somma per lui insopportabile, convertita nella sua divisa, oppure perché – come accade non di rado, in caso di pesanti crisi economiche – la banca centrale del suo Paese blocca o limita i pagamenti in uscita in valute forti, per tutelare le riserve valutarie dello Stato. Nelle situazioni più gravi il cliente potrebbe anche richiedere la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta, dovuta cioè a un fatto imprevedibile ed estraneo alla sua responsabilità che gli rende impossibile adempiere l’obbligazione di pagamento. E’ un’ipotesi, nel nostro settore, puramente scolastica, ma è bene ricordarla.

Cercare soluzioni per andare incontro al cliente che si trovi in una tale, improvvisa difficoltà è senz’altro consigliabile. Si tratta di movimenti che il nostro cliente non è in grado di influenzare direttamente. Talvolta, a un indebolimento di una valuta, segue un rimbalzo verso l’alto. Consentire al cliente di attendere qualche giorno o settimana, per pagarci quando la sua moneta avrà ripreso parte del suo valore, può già essere una soluzione, ma una decisione va presa considerando con attenzione tutti i parametri del caso. Vi è sempre il rischio che la valuta non rimbalzi e continui invece a calare. Un altro rimedio è favorire il cliente con uno sconto che compensi in parte il suo maggior onere. Quando si opera con Paesi esteri di diversa valuta, perciò, è importante calcolare i propri prezzi in modo da poter assorbire questi rischi senza eccessive perdite di redditività, anche se una riduzione di utile andrà comunque messa in conto.

Emettere la fattura sempre nella propria valuta è consigliabile, poiché ci dà la ragionevole certezza di incassare la somma che ci attendiamo. Se ragioni commerciali o di altro genere impongono una fatturazione in valuta estera, consideriamo attentamente la situazione del Paese rispettivo. Vi sono valute stabili, ad esempio la corona danese: la Danimarca non fa parte della zona euro, pur essendo Paese membro dell’Unione europea. La sua valuta aderisce agli Accordi europei di cambio e non può oscillare più del 2.25% rispetto all’euro. La conservazione della valuta nazionale, in questo caso, è di fatto una finzione politica, poiché la valuta stessa è saldamente legata al corso dell’euro e non vi sono da attendersi sostanziali modificazioni.

Vi sono invece valute estremamente volatili, come quelle di alcuni Paesi sudamericani, dell’Europa orientale o di altre aree del mondo esposte a instabilità politica interna ed esterna. Una certa attenzione richiede anche l’andamento della sterlina inglese, esclusa dagli accordi di cambio con l’Europa, che ha subito un costante e perdurante indebolimento dopo il referendum sulla Brexit. Della lira turca vediamo le sorti in questi giorni: una svalutazione del 30% e più in poche settimane. La grivna ucraina e le valute dell’area ex sovietica sono altri casi che richiedono osservazione prudente. Una buona informazione è indispensabile, per ridurre i rischi.

Il traduttore che lavora con l’estero, particolarmente se ritiene di fatturare in valuta straniera, dovrà pertanto tenersi bene al corrente sulla situazione dei Paesi con i quali opera e sapere che si espone alle variazioni verso l’alto, ma – purtroppo – anche ai deprezzamenti della moneta altrui. Gli uffici estero delle banche sono solitamente in grado di fornire informazioni alla clientela su questi aspetti. A influenzare il corso delle valute possono però intervenire anche eventi del tutto imprevedibili, come disordini sociali, disastri naturali che alterino le infrastrutture produttive di un Paese o decisioni impreviste di politica interna o internazionale. Ne sono un esempio le recenti politiche dell’amministrazione USA sotto Donald Trump sull’introduzione di nuovi dazi doganali, che hanno comportato incertezze sul commercio internazionale da cui discendono inevitabili conseguenze sui corsi delle valute.

Per tornare all’esempio dal quale siamo partiti, la decisione della Banca nazionale svizzera di cessare la difesa della soglia di cambio fisso con l’euro giunse all’improvviso, pochi giorni dopo che la stessa Banca aveva dato rassicurazioni contrarie. Causò un terremoto in tutti settori, dall’industria alla finanza, dal turismo agli stipendi dei lavoratori frontalieri. Ogni operatore economico, anche di piccole dimensioni, è toccato dagli eventi macroeconomici, benché talvolta possano presentarsi come aridi tecnicismi.

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